I come Italia, iperbole e idiozia

Il Palacio de La Moneda sotto i bombardamenti.

Solo dei piccoli cervelli possono pensare che la critica alle esagerazioni di Grillo significhi poi ignorare gli altri problemi.

Ci sono teste in cui c’è spazio sufficiente per tutto, soprattutto per la memoria di ciò che non va dimenticato.

Se berlusconi poteva e può ancora contare sul suo esercito di yesmen anche Grillo è in ottime mani, ad esempio quelle di Andrea Scanzi che è sempre il primo a correre in soccorso dell’esagitato ogni volta che la fa fuori dal vaso ricordando al suo numeroso pubblico, la platea plaudente di facebook che sì, è vero, Grillo esagera, “però…”.

Però, un cazzo, lo dico a Scanzi col quale spesso sono stata d’accordo ma  che mi ha cacciata dalla sua bacheca facebook perché non sono una che abitualmente si unisce ai cori  e a tutti quelli che  vanno a fare la ola nella sua pagina  pensando che sia vero ciò che scrive quando con la sua solita arrogante sicumera ricorda all’orbe terracqueo che è vero, quelle di Grillo sono esagerazioni ma confrontate a quello che succede sono poca cosa. Mentre non sono affatto poca cosa ma quello che poi contribuisce ad avvelenare il dibattito pubblico dividendo l’opinione in opposte fazioni, da una parte i difensori tout court e dall’altra quelli,  me compresa, che pur condividendo molte delle battaglie del movimento di Grillo non pensano che sia utile né giusto difendere poi tutto quello che dice Grillo.  Ma è diventato perfettamente inutile cercare di spiegarlo all’esercito dei gnè gnè gnè allora le foibe, far capire che l’atteggiamento di Grillo, quello che dice, diventano una inutile prova di forza fra chi si impegna a costruire e chi poi arriva per buttare giù il castello. Rispetto alle cose dette da Grillo su Napolitano e Renzi che sono peggio di Pinochet mi sarei aspettata una diversa reazione anche dai suoi, anche da Scanzi, che in quanto opinion leader di questa nostra epoca sciagurata dovrebbe avere un senso di responsabilità diverso e  maggiore quando si esprime, non trasformarsi nell’ultras che approva e contribuisce ad agitare le pance.  

Scanzi se vuole fare un’operazione corretta, di informazione vera, invece di difendere Grillo racconti alla sua platea numerosa chi era Pinochet,  cosa è stato il regime subito dal Cile. A meno che la figura di Pinochet sia criticabile solo quando viene associata ai suoi rapporti amichevoli col papa santo Wojtyla e non invece per il suo ruolo infame nella storia: quello di un dittatore che ha rovesciato un sistema politico con un colpo di stato che ha causato la morte di migliaia di persone, una storia che dovrebbe essere di tutti, non solo di qualcuno.

Criticare il nostro sistema fatto a pezzi da una politica di impresentabili cialtroni, miserabili incapaci e ancorché delinquenti a pieno titolo non significa riconoscere poi meriti ad altri sistemi criminali, fascisti e nazisti, regimi durante i quali le persone venivano ammazzate anche e solo per un’idea contraria.
Qui ancora e per fortuna nessuno viene ammazzato se dice e scrive che non gli piacciono Napolitano e Renzi e che berlusconi in qualità di pregiudicato condannato alla galera dovrebbe stare – appunto – in una galera e non a riscrivere la legge.
Quindi, andiamoci piano con le parole, perché davanti a certe parole è inevitabile poi che qualcuno, chi la storia la conosce almeno, si risenta e gli venga poi voglia di dire che quelle parole non gli sono piaciute.

L’esagerazione, la provocazione, l’iperbole che si usano nel linguaggio per descrivere una situazione enfatizzandola, per mettere quella situazione all’attenzione dei propri interlocutori e di chiunque si voglia raggiungere col proprio messaggio, devono avere qualche riferimento anche minimo ad una realtà che sia di facile comprensione, che sia sufficientemente credibile.
Altrimenti l’unico effetto che ottengono è quello di ridicolizzare chi ne fa un uso improprio.
Quando berlusconi disse che lui e i suoi figli vivevano come sotto il regime del terzo reich tutta l’Italia civile e che un po’ si ricordava cosa fosse stato il regime nazista di hitler non gliela fece passare.
Nessuno si sognò di dire che tutto sommato l’uscita di berlusconi era appena appena un po’ fuori le righe ma di una misura accettabile per essere giustificata dalla comprensione perché, in fin dei conti, c’era del vero in quello che diceva. Semplicemente perché tutti sapevano, sapevamo che non era vero niente, che tutti sappiamo o dovremmo sapere che col regime nazista di hitler si possono paragonare soltanto altri tipi di regimi, proprio come furono quelli delle dittature sudamericane nazifasciste che nessuno dovrebbe permettersi di usare quale paragone per descrivere la situazione politica italiana.
Semplicemente perché non sono la stessa cosa, non si somigliano nemmeno.
Non è proprio la stessa cosa morire sotto un regime, per mano di un dittatore che decide le “categorie” di persone che hanno diritto alla vita e quelle che invece meritano di morire.
L’imprenditore, il padre e la madre di famiglia che si suicidano sono drammi e tragedie che fanno sì parte della situazione insostenibile di questo paese ma non sono uguali a chi veniva fatto sparire, messo su un aereo e buttato nell’oceano come usavano fare in Cile coi dissidenti politici e come facevano hitler e mussolini che non mandavano in vacanza chi si opponeva al regime ma a morire in un campo di sterminio.
berlusconi come Grillo e come la new entry Tavecchio, possono dire ciò che dicono perché sanno di poter contare su un esercito di italiani ignoranti che non conoscono la storia né certe vicende accadute nel passato, gente senza conoscenza e senza memoria che assorbe e metabolizza tutto senza alzare un sopracciglio, quando addirittura non difende e giustifica questo modo di fare. Grillo decida una volta e per tutte cosa vuole essere, se l’agitatore di popolo, il leader carismatico di un movimento che pensa anche cose buone o l’anziano rincoglionito che, come il nonno a tavola al pranzo di natale, intrattiene gli ospiti con le sue flatulenze. 

Perché Sanremo è Sanremo [ed è proprio questo il problema]

Mauro Biani

Sottotitolo: un pregiudicato di nuovo al centro della scena pubblica, purtroppo non di quella che lo dovrebbe consegnare alla sentenza che lo ha condannato ma di quella politica, delle grandi decisioni. Poi quando nel mondo ridono di noi, ci compatiscono e considerano l’Italia lo stanzino delle scope della comunità internazionale non chiediamoci il perché.
E complimenti a quei giornalisti che quando si rivolgono a lui chiamano ancora berlusconi “presidente”. Fate pietà, pena, come del resto tutti quelli che in questi mesi hanno continuato a parlare e scrivere di un “cavaliere” solo perché nessuno ha il coraggio di togliere un’onorificenza a un ladro, un abusivo, un impostore, un delinquente, un pregiudicato, un condannato: visto quanti aggettivi c’erano? manco uno ne avete trovato. Vergogna. Presidente ‘sto cazzo.

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Se i tre quarti del paese si trasferiscono virtualmente a Sanremo, lo cominciano a fare un mese prima, per non parlare del mentre e per chissà quanto tempo ci toccherà subire gli strascichi di un festival della canzonetta che manco fosse la notte degli Oscar [che almeno è internazionale] e che non penso interrompa nessuna normale consuetudine, come ad esempio lasciare che la gente possa scegliere cosa guardarsi nelle televisioni, non obbligarla per inerzia a sintonizzarsi su Raiuno per poi vantarsi dello share [come se ci fosse un’alternativa] perché altrove è il deserto che manco a ferragosto, è normale che poi Sanremo diventi il pulpito di qualsiasi dibattito e che chiunque vada a cercarsi lì un po’ di attenzione.  Non è normale un paese dove un programma televisivo di canzonette deve entrare sempre e puntualmente nel dibattito politico, una volta perché c’è Celentano, una perché coincide con le elezioni e allora qualcuno chiede  perfino che venga spostato per non disturbarle, un’altra per le imitazioni di Crozza, un’altra ancora perché Grillo va a guardarsi il festival terrorizzando la politica e ovviamente si esibisce nel solito one man show [ma fuori dal teatro, non dentro]. Non è normale un paese considerato così fragile perché c’è sempre qualcuno che decide che debba essere protetto da quel che viene veicolato dal palcoscenico di un teatro mentre il vero dibattito politico, quello che interessa tutti  specialmente in questo momento, mentre  qualcuno sta decidendo le nostri sorti a nostra insaputa, viene interrotto perché c’è Sanremo.  Non è normale un paese dove il palcoscenico di un festival viene usato dal santone di turno pagato a peso d’oro per rivelare chissà quali verità oppure per ospitare, a spese del Comune ovvero dei cittadini, chiunque abbia un problema da segnalare manco Sanremo  fosse lo speakers’ corner di Hyde Park. Tutto questo non si fa, non succede  da nessun’altra parte e non è altro che l’ennesimo motivo, la più gigantesca arma di distrazione di massa che contribuisce all’immiseramento culturale e all’azzeramento della già scarsa qualità dell’informazione di questo paese.

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IN NOME DELLO SHARE
Stop ai talk show, la messa di Don Fabio batte la politica
I PROGRAMMI D’INFORMAZIONE SI FERMANO TEMENDO IL CONFRONTO CON LA GARA CANORA
Andrea Scanzi, 19 febbraio

Matteo Renzi è telegenico sì, ma neanche poi tanto. E così la tivù politica italiana si ferma. Per una settimana, in onore e ossequio al rito laico della liturgia sanremese officiata da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto. È un momento chiave per la politica, o così sembra. Non abbastanza però da disturbare i tributi deandreiani di Luciano Ligabue, le polemiche surreali su Rufus Wainwright e il sempiterno Festival della Canzone Italiana. I talk show di prima serata si fermano. Tutti o quasi. Ieri non è andato in onda Ballarò, che ha preferito anticipare a domenica: poco più del 12 per cento di share e l’ennesimo scontro con il Movimento 5 Stelle, per la presenza non autorizzata di un inconsapevolmente masochista Roberto Cotti. Al suo posto RaiTre ha trasmesso Il distinto gentiluomo, film minore con Eddie Murphy: perfetto per non erodere spettatori alla prima serata su RaiUno. Stop anche a Linea Gialla di Salvo Sottile, Le invasioni barbariche di Daria Bignardi e Servizio pubblico. Era già accaduto un anno fa e per Santoro fu una novità. Nell’ultima stagione in Rai, Annozero sparò il caso Ruby e – nonostante Roberto Benigni a Sanremo per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia – raggiunse il 14 per cento con 4 milioni di spettatori. Andrà invece avanti come nulla fosse La gabbia di Gianluigi Paragone, che stasera sfiderà non solo Sanremo ma pure gli ottavi di finale di Champions League tra Milan e Anderlecht. L’Italia è un paese che non prende sul serio nulla tranne il faceto, e in questo senso fermare larga parte dell’informazione – per giunta in un momento chiave – per ascoltare L’amore possiede il bene di Giusy Ferreri e Vivendo adesso di Francesco Renga è quasi logico. Fortuna che le eccezioni esistono e c’è chi – Enrico Mentana – prende tutti in contro-tempo sparando (ieri sera) una puntata speciale di Bersaglio Mobile: l’attualità, nonostante tutto e a rischio di farsi male.

L’EFFETTO d’insieme, una volta di più, è quello dei passeggeri del Titanic che continuano a ballare nonostante l’imminente inabissamento. La crisi economica, la formazione del governo, le promesse renziane e gli inutili idioti a destra e manca: la fredda cronaca. La dura realtà. Non troppo appassionante e ancor meno avvincente. Meglio parlare d’altro. Meglio assecondare il disimpegno, inseguendo una casa in collina senza però essere Cesare Pavese e dunque avendo al massimo la possibilità per un monolocale vista tangenziale. Mettersi contro Sanremo, in termini di ascolti, è un suicidio neanche troppo assistito: scelta logica, dunque, evitare lo scontro. È però curioso e forse sintomatico come lo spettacolo (peraltro presunto) del Festival di Sanremo offuschi lo spettacolo (peraltro desolante) della politique politicienne. Preferire i Perturbazione a Maurizio Lupi e Francesco Sarcina a Maria Elena Boschi, in fondo, è quasi involontariamente meritorio. La farsa dichiarata che offusca la tragedia farsesca. C’è pure un fenomeno di evidente semi-transustanziazione: il Crozza satirico che scompare da Ballarò per riapparire a Sanremo, chiara dimostrazione di uno spostamento di ribalta e attenzione. Il palco principale non è più il talk show politico, ma la messa laica di Don Fabio e Madamin Luciana. Non conta più sapere chi sarà il ministro dell’Economia; molto più rilevante scoprire se le canzoni di Giuliano Palma riusciranno a essere più brutte delle precedenti. Comunque vada, si parlerà di niente. Quindi di Sanremo.

Boia, deh! [esclamazione che rafforza i contenuti di una frase]

Sottotitolo: da oggi la Preside Boldrini non è solo la donna con una voce che andrebbe vietata – come minimo –  dall’Onu. È anche la presidente che ha usato per prima la ghigliottina vile e orrenda contro le opposizioni. Complimenti: del comunismo ha imparato unicamente il veterofemminismo caricaturale e l’intolleranza zdanovista per il dissenso. Proprio come Re Giorgio. Lei e i tre o quattro vendoliani rimasti hanno festeggiato cantando Bella ciao (poveri partigiani). A loro modo hanno fatto bene a festeggiare: hanno appena celebrato la fine definitiva del loro (già defunto) partito, regalando peraltro ulteriori voti a chi vorrebbero cancellare dalla scena politica.
Complimenti: alla preside, e a quei meravigliosi renziani che da una parte resuscitano il Caimano e dall’altra regalano soldi pubblici alle banche private. Fenomeni mica da ridere. [Andrea Scanzi]

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Al “vecchio fan della repressione sovietica a Budapest” sarà andato bene che ieri alla camera sia stata applicata una norma eccezionale [ricordo, voluta da violante], che ha di fatto dimostrato [manco fosse la prima volta] l’inutilità del parlamento? 
Laura Bodrini ha di fatto e nei fatti creato un precedente che potrebbe ritorcersi anche contro il suo stesso partito. 
Se un domani Sel volesse applicare l’ostruzionismo verso l’approvazione di una legge di cui non condivide i contenuti, pensa che non sia utile ma dannosa che farà la Boldrini, ghigliottinerà pure quelli di Sel? 
E, a margine, quando hanno mischiato nello stesso “pacco” il ddl su Bankitalia e la cancellazione della rata dell’IMU non si sono resi conto che le due cose insieme non ci azzeccavano o l’hanno fatto apposta?

Quando molti di noi dicevano già parecchi mesi fa che Laura Boldrini si era cucita perfettamente addosso il ruolo di appartenente alla casta in tanti ci rimproveravano, si offendevano per conto terzi. 
Su facebook non si poteva nemmeno nominare senza perdersi per strada manciate di persone.
Ora spero che l’abbiano vista tutti, la presidentessa super partes de’ sinistra. 
Quella che senza una minoranza parlamentare che l’ha sostenuta e le ha permesso di arrivare dov’è oggi sarebbe a fare altro, ma durante la seduta alla camera evidentemente è stata colta da una provvidenziale ed opportuna amnesia molto politica e poco, pochissimo democratica.
Anzi, facciamo per niente democratica che è meglio. Alla presidente della camera che nella discussione su quell’obbrobrio di legge elettorale pensata da berlusconi insieme a Renzi ha sostenuto, com’era ovvio, i piccoli partiti, è andato bene, va bene che le opposizioni in parlamento contino meno anzi per niente? Quando Lauretta si occupava di diritti umani stava a scherzà, vero? perché chi conosce quelli e li rispetta, dovrebbe fare altrettanto anche con quelli civili e democratici.

 E che dopo l’oltraggio alla democrazia avvenuto ieri alla camera qualcuno abbia intonato Bella ciao, infangando la Memoria di gente che è morta non per consentire di fare scempio della democrazia di uno stato repubblicano non offende nessuno? Tutto regolare? Nessuno, nell’informazione prova vergogna per aver montato uno, dieci, cento, mille casi dove non c’erano e aver lasciato libertà d’azione ai distruttori di quel che restava della democrazia?

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LUPO (M5S): “SCHIAFFEGGIATA DA QUESTORE MONTIANO”. LUI NEGA (FOTO E VIDEO)

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Roba da Chiodi – Marco Travaglio, 30 gennaio

Massima solidarietà ai lettori del Corriere , costretti a esercizi enigmistici sempre più complicati per decrittare titoli e articoli. Ieri chi riusciva a superare indenne l’altalena di notizie sulla legge elettorale (Renzi spinge, Berlusconi apre, Alfano chiude, Quagliariello frena, Brunetta stringe, Casini rompe in tutti i sensi, Verdini telefona, la Boschi sale al Colle, stop di Cuperlo, alt di Fassina chi?, la Pascale twitta, Dudù abbaia, Napolitano monita, Tizio alza la soglia, Caio abbassa il premio, Sempronio sfonda il tetto, insomma è accordo, anzi patto, magari asse, pardon contratto, senza contare che c’è sempre uno che “gela” e non si sa mai chi lo scongela), doveva risolvere il rebus del titolo di apertura, roba da far impallidire il più arduo dei Bartezzaghi: “Sì sull’Imu oppure si paga”. In che senso? Che vor dì? Stremato, il lettore gira pagina e s’imbatte in un’altra supercazzola: “Imu-Bankitalia a rischio caos. Corsa per salvare il decreto. Ostruzionismo M5S”. Il poveretto capisce che la maggioranza, sempre più virtuosa, vuol far pagare l’Imu a Bankitalia, ma i 5Stelle, i soliti irresponsabili, per misteriosi motivi si oppongono e si rischia il caos. Solo chi fosse munito di un microscopio elettronico, o avesse acquistato anche un giornale senza banchieri nel patto di sindacato, capirebbe di che si parla: una delle più incommensurabili porcate mai viste nella porcellosa storia della politica italiana, un regalo di 7,5 miliardi alle banche private con soldi di Bankitalia, cioè nostri. Siccome la maialata rischia di non passare inosservata a causa di quei rompipalle dei 5Stelle che osano financo fare opposizione, cosa mai vista dalla notte dei tempi, ecco l’idea geniale del governo: infilarla nello stesso decreto che cancella la seconda rata dell’Imu. Così chi si oppone ai Robin Hood alla rovescia che rubano ai contribuenti per dare alle banche può essere dipinto come un affamatore del popolo perché resuscita l’Imu. Per evitare il “rischio caos” bastava separare il decreto Imu dal decreto Bankitalia, come chiesto da Napolitano in svariati moniti, sulla scorta di innumerevoli sentenze della Consulta contro i decreti omnibus. Ma, quando si tratta di banche, nessuno fiata: destra e sinistra marciano compatte, precedute dalla contraerea dei giornali dei banchieri e dei partiti sottostanti. “Ostruzionismo M5S, può tornare la seconda rata Imu”, titola Repubblica . E persino l’Unità, un tempo organo della sinistra, fa la guardia ai caveau, con titoli truffaldini tipo “5Stelle, ostruzionismo sul decreto Imu” e “Barricate grilline: torna il rischio Imu”. Lo scandalo del secolo è il peone a 5 stelle che dà del “boia” a un vecchio fan della repressione sovietica a Budapest.

Tornando al povero lettore del Corriere , la via crucis non è finita. C’è un altro titolo-sciarada da decodificare a pag. 15: “Una debolezza quella ragazza in hotel. Ma non l’ho aiutata al concorso”. Intervista allo sgovernatore d’Abruzzo, Gianni Chiodi, inquisito per truffa, falso e peculato, per lo scandalo della giunta granturismo che gira l’Italia con amanti aviotrasportate e alloggiate a spese nostre: notizia rivelata dal Fatto e mai ripresa dal Corriere . Che ora la fa commentare all’interessato senza citarla né citarci (“la debolezza del Governatore è spuntata dalle carte”: così, spontaneamente). Il noto statista marsicano “sta soffrendo, la voce gli si incrina un paio di volte”, però “cita Terenzio e poi anche Gandhi cercando conforto nella letteratura”. La colpa naturalmente è dell’“ufficio regionale o della Ragioneria” che gli hanno rimborsato le spese della gentile accompagnatrice a sua insaputa. Come la segretaria di Cota con le mutande verdi. Ergo Chiodi è “amareggiato”: qualcuno (non si dice chi) ha fatto “pura macelleria: famiglie massacrate, carriere esposte al pubblico ludibrio, per un puro obiettivo politico: il 25 maggio in Abruzzo si vota”. E il direttore del Fatto , com’è noto, sarà candidato contro di lui. Ma questo il Corriere non può dirlo, perché il Fatto è innominabile. Un po’ come con lo scandalo De Girolamo: le notizie, o le dà il Corriere , oppure “spuntano”.

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Bravi, davvero – Alessandro Gilioli

È davvero notevole lo sforzo con cui il Pd, Forza Italia, Boldrini e Napolitano stanno trasportando verso il Movimento 5 Stelle anche gli italiani meno attratti da Grillo e Casaleggio.

In un solo giorno:

1. I listini bloccati.
2. Il salva Lega.
3. Le candidature multiple.
4. La soglia di sbarramento turca che impedisce di fatto in futuro qualsiasi gruppo parlamentare diverso da Pd, Forza Italia e satelliti, Lega e M5S.
5. Un regalo miliardario alle banche private.
6. Un trucco ignobile per mescolare questo regalo alle banche con l’Imu, che non c’entra niente.
7. Una tagliola mai usata nella storia repubblicana, che svilisce il Parlamento e porta verso il governo per decreto.

No, bravi, davvero.

Rinnovo l’invito: qualcuno ci invada

Sottotitolo: un ringraziamento speciale a Marco Travaglio e Andrea Scanzi che continuano praticamente ogni giorno a spiegarci la chiave di lettura delle dinamiche dei talk show nonostante e malgrado sia una fatica ed un dispendio di energie abbastanza inutile nel paese dove tutti sapevano e sanno tutto e non c’è bisogno di nessuno che lo spieghi. Forse è per questo che l’Italia è ridotta ai minimi termini: perché tutti sapevano e hanno agito di conseguenza, politica e istituzioni comprese.

Questo è il paese dove  si fanno le pulci a chi almeno ha il coraggio di dire le cose come sono. Troppo facile così. E troppo facile anche accusare di filogrillismo chi condivide l’ovvio e il pertinente. Persona più libera di me politicamente non c’è, dicevo e scrivevo in tempi molto meno sospetti di questo che non bisogna innamorarsi della politica, bisogna vigilarla a vista, non prendere le difese di gente che ha la possibilità di mandare la digos a casa di chiunque, anche dei cittadini onesti, quando vuole.

Quando ho iniziato ad interessarmi della politica l’ho fatto per difendermi, non per diventare come quelli che la fanno e quelli che sostengono chi l’ha ridotta così male.

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LA PUTTANATA  – Marco Travaglio, 11 settembre 

IMPERVERSA IL FUNARISMO 2.0 E I TALK POLITICI DIVENTANO POLLAI  – Andrea Scanzi, 11 settembre

AGLI ORDINI DEL COLLE  Antonio Padellaro, 11 settembre

NAPOLITANO CHIEDE UNITÀ, IL PD SI ADEGUA E SALVA B. Fabrizio d’Esposito, 11 settembre

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Per tutti quelli che “se i 5 stelle avessero fatto altre scelte”, tipo l’accordo con chi non ha trovato disdicevole l’alleanza col partito del delinquente dopo averlo sostenuto in modo più o meno occulto per una ventina d’anni.
I 5 stelle sono stati gli unici a mantenere una certa coerenza, tutti gli altri l’hanno svenduta per il bene della pacificazione nazionale dunque di berlusconi, e non bisogna aver votato il MoVimento per ammetterlo. Ora che ve/ce lo hanno detto in tutte lingue del mondo, potreste per favore smetterla di ravanare sempre in un torbido che non c’è?

Producono il caos, poi lo usano. Alessandro Gilioli, 11 settembre

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Tutto sommato gli eventi “politici” di queste ore aiutano ad inquadrare meglio la situazione nel suo complesso.

Aiutano a difendersi da quelli che vogliono fare la morale a chi incrocia il suo pensiero, e le sue opinioni, talvolta o più spesso condividendo entrambi con quello che esprimono i deputati 5 stelle di fronte alla presidente della camera che trova ingiurioso chiamare i ladri, ladri, ripetendo l’invito a “non offendere”per ben tre volte, forse per convincersene lei per prima. 

A questi, quelli che “con Di Pietro mai”, e “con Grillo mai” andrebbe risposto, come dice il mio amico Andrea, che sono alleati stretti stretti con la destra più fascista e negazionista che abbia mai occupato il parlamento dopo il ventennio di mussolini il quale, secondo il noto pregiudicato, non ammazzava nessuno, mandava la gente in vacanza e qualcosa di buono l’ha fatto anche lui.
E dovrebbe forse bastare per zittirli e farli vergognare, magari in segreto.

Aiutano a non sentirsi troppo colpevoli per tutte le volte in cui per sfinimento un po’ tutti abbiamo detto o pensato che, alla fine, “sono tutti uguali” perché nei fatti lo sono, perché se non lo fossero stati non saremmo mai arrivati fino a qui, a dover assistere allibiti, attoniti, nauseati ad uno spettacolo indegno: quello di una politica e di un presidente della repubblica che stanno facendo l’impossibile e l’inenarrabile per annullare la sentenza che ha condannato berlusconi, non saremmo qui a discutere di un parlamento che, esclusi i nuovi inquilini, quei maleducati che chiamano ladri i ladri non può, non sa, non vuole liberarsi dell’intruso delinquente. Perché se non lo sono nelle azioni lo sono eccome nei principi, se non fosse così berlusconi stamattina sarebbe fuori dal parlamento, se invece questo fosse stato un paese normale non ci sarebbe mai nemmeno entrato. 

E quello che non si può sopportare è il tentativo di  mettere il sigillo dello stato, della democrazia su questa operazione disgustosa, eversiva che è quella di sottrarre un delinquente dalle sue responsabilità penali, cosa che non si potrebbe fare perché non è giusto né legittimo fare nei confronti di nessun altro cittadino, qualcosa che in nessun paese definito normale, civile e democratico davvero sarebbe mai potuta accadere.

Legalità cazzona

Sottotitolo:  “Gli italiani devono sapere che si mette in carcere un uomo come silvio ‪berlusconi‬”, dice la garnero ex ‪‎santanchè‬.

Prima di tutto non è vero che andrà in prigione, e lo sa pure lei, eppoi qual è il problema? c’è gente che aspetta da vent’anni, ci faremo trovare pronti, stia pure tranquilla.

Quando mussolini mandava i dissidenti “in vacanza al confino” [cit. il noto delinquente], spesso con un biglietto di sola andata forte del fatto che si sarebbero trovati proprio bene in quegli ameni luoghi di soggiorno, gli italiani non lo venivano nemmeno a sapere. 
Nessuno si preoccupava di informarli.
Chissà se la sovversiva eversiva che si dichiara fiera di essere fascista se le ricorda queste cose.

Non si capisce perché si dovrebbe garantire la presenza di un pregiudicato delinquente in parlamento nel paese che non garantisce la presenza nel posto di lavoro, e il lavoro, ai cittadini onesti. 

Chi e cosa dovrebbe garantire un condannato in primo grado per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile e in ultimo e definitivo per frode fiscale. 
Chi e cosa dovrebbe rappresentare uno così e che contributo può dare uno così. 

Fermo restando che un indagato per mafia non dovrebbe avere nemmeno la possibilità di conferire col capo dello stato per chiedergli di fare una cosa che non si può fare. 

Il voto non garantisce immunità né impunità, ho fatto ieri l’esempio di Chirac condannato, e in tutti i paesi dove i politici hanno contenziosi con la legge nessuno pretende l’esenzione dalle colpe e dalle pene.

silvio berlusconi oltre alle varie condanne ha ancora dei procedimenti penali in corso, altri potrebbero veder inclusa la sua persona. 

Quindi non ha proprio i requisiti minimi per poter chiedere provvedimenti caritatevoli.
E per ottenere una grazia bisogna aver scontato almeno una parte della pena. 

Lui, non noi, ecco.

silvio berlusconi non ha fatto nulla di storicamente significativo in questo paese, non è uno statista, non è un politico di livello, non è quell’imprenditore capace che è stato descritto quasi a giustificarne la presenza in politica: come se la gestione di un paese e dello stato fosse in qualche modo paragonabile o associabile a quella di un’azienda.

silvio berlusconi è un bluff e rappresenta solo se stesso, i suoi interessi, la sua volgarità, il suo essere naturalmente predisposto alla delinquenza, al non rispetto di leggi e regole, e solo questo paese poteva offrirgli tante opportunità.

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Cetto Berlusconi – Andrea Viola, Il Fatto Quotidiano

Vedere tutto questo senza che ci sia una ferma e decisa condanna sia da parte del Partito democratico (che doveva già uscire dal Governo) e soprattutto del Presidente della Repubblica rende la situazione ancora più drammatica.

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Denunciati gli organizzatori del sit-in con B.

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E così, dopo aver riposizionato in fretta, furia e in modo irregolare – ché si sa, la gatta frettolosa partorisce i figli ciechi – i pali divelti per far spazio all’oscena manifestazione pro delinquente è partita una denuncia regolare del comune di Roma nei confronti degli organizzatori dell’abuso su Roma di domenica scorsa.

Complimenti per il tempismo.

Peccato però che tutti, anche ai piani alti delle istituzioni sapessero con un certo e largo anticipo dell'”evento”, quindi ci sarebbe stato tutto il tempo per impedirlo, per impedirne la realizzazione, per vietare che un manipolo di svergognati residenti di questo paese mettesse in scena, previo pagamento, l’orrido teatrino indegno perfino del peggior avanspettacolo, quando gli spettatori per dimostrare il loro sgradimento tiravano frutta marcia e gatti morti sul palco dove si esibivano gli attori.

La manifestazione di domenica ci racconta ma soprattutto conferma la teoria del “forti coi deboli [e viceversa]” perché mentre a Roma si commettevano reati a ripetizione per accontentare il satrapo tecnicamente e praticamente delinquente, la versione al maschile di Gloria Swanson sul viale del tramonto politico, le forze dell’ordine erano impegnate a controllare pericolosi criminali sparsi nelle località vacanziere di questa torrida estate.

Mentre in una via centralissima di Roma, a duecento metri da quel Campidoglio che deve vigilare su Roma si sfasciava il manto stradale, si dava ospitalità ad una manifestazione abusiva a favore di un abusivo, del pregiudicato più amato degli ultimi diciotto anni, poliziotti, carabinieri e finanzieri stavano terrorizzando il titolare del bar, del ristorante, del locale notturno in quel di Portofino e Porto Cervo, il che intendiamoci, in presenza di irregolarità da sanare andrebbe benissimo se poi con la stessa solerzia qualcuno avesse fatto lo stesso nei riguardi di quello che stava per succedere ed è successo a Roma.

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Il marcio su Roma
Marco Travaglio, 6 agosto

Si racconta che il leader della sinistra storica Agostino Depretis, inventore del trasformismo, noto per la diabolica arte del rimpasto, del galleggiamento e dell’equilibrismo, quando tirava aria di crisi di governo si presentasse in Parlamento pallido ed emaciato, intabarrato in abiti trasandati e lisi, la barba lunga e bianca, l’andatura claudicante per l’eterna gotta, quasi avesse un piede nella fossa. Si rivolgeva all’assemblea con voce malferma e tossicchiante, con intercalari del tipo: “Sono mezzo malato, e pure di malumore, abbiate un po’ di pazienza”. Dinanzi a quel cadavere ambulante, anche i più strenui oppositori si muovevano a compassione e lasciavano passare la fiducia. 

Tanto, pensavano tra sé e sé, dura poco. E invece durò parecchio, fino alla morte vera. La tecnica del “chiagni e fotti” fu poi perfezionata e sublimata dal cavalier Banana, che da vent’anni alterna ostentazioni di virilismo e giovanilismo a sceneggiate che lasciano presagire l’imminente dipartita, perlomeno politica. Alla prima difficoltà, accenna al “passo indietro” a favore di qualcun altro, poi regolarmente eliminato a maggior gloria di Lui. 

Nel ’96 Gad Lerner chiese per lui la grazia in cambio del ritiro a vita privata (i successori designati allora erano Antonio Fazio e Monti). 

E un anno fa annunciò ufficialmente che passava la mano ad Alfano o al vincitore delle mitiche primarie Pdl, salvo poi rimangiarsi tutto e ricicciare più ribaldo che pria. Ora ci risiamo, con un’aggiunta. Se prima il “chiagni e fotti” si manifestava simbolicamente col vittimismo delle parole, ora è validato da lacrime vere sul volto imbalsamato dal fard marron a presa rapida resistente alla canicola (ma non sarà un tatuaggio?). Vere, poi, si fa per dire. Il 30 marzo ’97 – governo Prodi – B. lacrimò al porto di Brindisi dove la Marina Militare italiana aveva speronato una nave di profughi albanesi provocando decine di vittime, e promise ai superstiti di alloggiarli nella villa di Arcore. “Anche quando finge una commozione che non sente — scrisse Indro Montanelli – quella commozione a un certo punto diventa vera perché finisce per commuoversi di sé stessa. Le lacrime di Berlusconi possono essere un inganno per chiunque, meno che per Berlusconi. A quello che dice e fa, anche se lo dice e lo fa per calcolo, Berlusconi ci crede.

La scena sa tenerla da grande attore: se gli dessero da recitare l’Otello, sarebbe capace, per dare più verisimiglianza al cruento finale, di sbudellarsi veramente, e non per finta, sul corpo esanime di Desdemona… Nella parte della vittima, quella che i napoletani chiamano del ‘chiagne e fotte’, è imbattibile. Forse qualcuno capace di ‘fottere’ come lui ci sarà. Ma nel ‘chiagnere’ non c’è chi lo valga”. Dunque domenica il frodatore pregiudicato ha pianto: per la condanna dell’Innocente, che poi sarebbe Lui.

E la sceneggiata ha funzionato un’altra volta. 

Quella lacrima sul fard è bastata a far dimenticare l’ennesimo attacco eversivo ai magistrati (hanno “vinto un concorso”, mentre a suo avviso dovevano perderlo), sferrato dal palco abusivo dietro cui campeggiava la scritta simbolica “Via del Plebiscito” e sotto cui una piccola folla di comparse a pagamento, perlopiù sue coetanee, scandivano “duce duce”. 

Intanto l’Agenzia delle Entrate, alle dipendenze del governo da lui sostenuto, perlustrava le località balneari a caccia di evasori suoi discepoli, per quanto dilettanti (roba di scontrini non battuti, non certo di 64 società offshore e fondi neri per decine di milioni). 

Seguiva il vivo compiacimento del premier Nipote per il discorso moderato e soprattutto perché il delinquente resta al governo. E il premio speciale del Quirinale, ormai ridotto a ufficio reclami per Vip imputati o condannati (da Mancino a B.), con l’udienza pellegrinaggio del duo Schifani-Brunetta (il primo indagato per mafia) per impetrare la Grazia Regia. Denominata pudicamente “agibilità di B.”. Manco fosse un fabbricato.

Abusivo, ci mancherebbe.

***

Sopra e sotto quel balcone la corte che non vuole crepare
Alessandro Robecchi – Il Fatto Quotidiano, 6 agosto

Il balcone ha il suo fascino, si sa. E di norma, visto che abitiamo qui, dove certe cose sono già successe, se uno sta sul balcone e la folla sta sotto a dire evviva, ecco, ci sarebbe da preoccuparsi. E invece stavolta tutto è ribaltato, le gerarchie sono state infilate in un frullatore, e beato chi ci capisce. Riassumiamo: sul balcone e sotto il balcone. Sopra la panca e sotto la panca. Sopra, in questa foto della manifestazione dell’altroieri, ideologi e organizzatori, categoria “falchi”.

Sotto, il capo in persona, più ceronato che mai, con l’optional delle lacrime, la fidanzata in gramaglie, le seconde file di quelli che non sono riusciti a salire sul balcone, e la folla immensa dei cinquecento pullman annunciati, che a far bene i conti significa tre o quattro passeggeri per torpedone, più l’autista . Viaggiare larghi, insomma.

Sul balcone, con rispetto parlando, ognuno si fa un po’ i cazzi suoi. Cicchitto telefona. La Santanché telefona, ma alla moda dei calciatori quando si dicono la tattica in campo, con la mano davanti perché nessuno le legga il labiale e si accorga, nel caso, che sta parlando con l’estetista. Altra categoria: Capezzone e Brunetta, che salutano la folla come se le star della festa fossero loro, e Denis Verdini che indica lontano, all’angolo della via. Chissà, forse fa il palo e avvisa che arriva qualcuno. Nitto Palma si fuma una sigaretta in santa pace, proprio come fareste voi se foste un presidente della Commissione Giustizia alla celebrazione di un delinquente. Poi c’è uno mai visto, che non è della serie A1, un tale che batte le mani, che si chiama Ignazio Abrignani, è, o è stato, uno scajoliano (tu guarda che parole mi tocca scrivere), e forse applaude perché si è imbucato con successo.

Sotto il balcone, dicono sempre le cronache (cronache comuniste!), Mara Carfagna gira intorno senza accalcarsi, e la povera Ravetto è respinta dai buttafuori di Palazzo Grazioli, tipo discoteca, dove al privé non entri manco se ti spari. Giù, mischiati al lumpenproletariat della libertà cammellato in pullman con l’acqua minerale, i panini e la bandiera nuova di pacca, c’è Minzolini, ovvio, ma anche Giggino a’ Purpetta. I ministri sono a casa con la giustificazione scritta che si spiega così: i principali esponenti del partito sostengono il condannato, ma il governo ci serve vivo, e quindi loro sono esentati.

Ma il fatto è che anche fare il pretoriano è un lavoro duro, senza orari, sai quando l’imperatore ti convoca e non sai quando puoi andare a casa. Così, nei ritagli di tempo, o nelle pause dello spettacolo, i pretoriani si godono il tempo libero, chiamano la fidanzata , salutano gli amici. O curano le pubbliche relazioni, come la stilista Alessandra Mussolini che ormai ha capito: la fotografano solo se esibisce una maglietta spiritosa, meglio se volgarotta nello stile degli arditi del nonno.

Qualcuno suggerisce di leggere attraverso la dinamica “sul balcone/sotto il balcone” le nuove gerarchie della Silvio Jugeland, ma chissà se è possibile. Perché qui è anche questione di ingegneria genetica, e nessuno sa spiegarci come fa una colomba a diventare falco, e poi a tornare colomba, e poi falco, a seconda degli ordini del capo. O magari è tutto più semplice di come la stiamo facendo, e tutti quanti, sul balcone e sotto il balcone, stanno solo cercando una posizione sicura per quando crollerà la statua del capo supremo. Che non gli finisca in testa, cerone, lacrime e tutto. Ecco, forse gli basta questo.

Di Piazze [pulite], piazzate e piazzisti

La cosa più squallida che ho letto è che la Turchia non sarebbe mai dovuta entrare in Europa. Siamo bravi noi, invece, a stare in Europa, sempre a novanta gradi. Quella che arriva dalla Turchia è una grande, grandissima lezione di democrazia, di difesa della democrazia.

Sottotitolo: ho più volte criticato Grillo per il suo atteggiamento sbagliatissimo [e controproducente] con i giornalisti. E continuerò a farlo. Ma parlare di “Editto di Grillo”, accostando un palese sfogo ironico [più o meno gradevole] alla violenza calcolatissima e concretissima di Berlusconi da Sofia, è appena una forzatura. Ma appena, eh. [Andrea Scanzi].

 Certi paragoni sono imbarazzanti e vergognosi.

Ieri sera Formigli ha parlato di ‘editto’ a proposito di Grillo, come se lui avesse gli stessi poteri di berlusconi.
 Se Grillo non parla coi giornalisti quelli restano al loro posto, quando berlusconi ha voluto zittire i giornalisti, quelli se ne sono dovuti andare.
Ma questa cosa semplicissima è troppo difficile da capire, evidentemente.
 Grillo non avrà MAI lo stesso potere che si è autoconcessa la politica in questi 60 anni di finta repubblica. 
Perché il sistema malato, marcio di questa Italia, costruito proprio dalla politica non lo permetterà. 
Possiamo stare tutti tranquilli e aspettare che le urgenze di Letta &Co, diventino una solida realtà, tipo tacitare la Rete e quel presidenzialismo che sembra essere diventato  la prima necessità di un paese allo stato terminale.

Preambolo: come farà Napolitano a non cedere alle lusinghe di Alfano quando questo si andrà a lamentare che a silvio stanno venendo meno quelle garanzie che proprio Napolitano gli ha – magnanimamente – concesso quando ha bacchettato i Magistrati per consentirgli di partecipare alla delicata fase politica? Oggi Napolitano non è nelle condizioni di dire a nessun esponente di governo nemmeno di farsi più in la, perché questo governo è figlio suo.

E BERLUSCONI MANDA ALFANO A CONSEGNARE L’ULTIMATUM AL COLLE

Silvio ha messo in conto la condanna per il Rubygate, ma spera nella Consulta per il processo Mediaset – Mercoledì 19 giugno è il d-day del governino: se si va verso l’interdizione, il Banana fa saltare tutto – E il ministro-segretario va al Colle ad avvertire Re Giorgio dell’incazzatura del Capo.

[Dagospia.com]

 B: “nessuno mi difende, Napolitano e la Consulta non dicono niente. Se mi condannano mobiliteremo i cittadini”.

Ecco, l’eversore torna a chiamare la piazza.

Vuole essere assolto da colpevole in tribunale e difeso dalla politica e dalle istituzioni più di quanto sia stato già fatto in tutti questi anni. Un pericoloso eversore, un  fuorilegge sovversivo ostile e contrario ad ogni tipo di legge e regola che non avrebbe trovato nessuna residenza nella politica e in parlamento. In un paese normale.

Un paese di complici

[…] «L’attuale asserita pacificazione, l’embrassons-nous di governo è il contrario assoluto della possibilità di ritrovare fiducia. Avere giustizia è far sì che tutti sappiano la verità. È una richiesta di catarsi. Quella che in Italia manca persino nell’analisi della storia del Novecento. Sia lo scetticismo morale sia la retorica [anche della Resistenza] almeno tenevano vivo il senso delle distinzioni. I vili e gli eroi. I giusti e gli ingiusti».[…]

Già Calamandrei denunciava omertà e acquiescenze alle illegalità. Oggi una filosofa parla di “società di briganti”. E dice: non ci sto. Intervista a Roberta De Monticelli, di cui esce in questi giorni “Sull’idea di rinnovamento”, pamphlet filosofico-politico edito da Cortina.

Quello che più di tutto mi fa imbestialire è che mentre il governo apparecchia e organizza l’ennesimo furto con destrezza della legge truffa sul finanziamento, l’unica cosa che tutti i governi sanno fare molto bene, la maggior parte dell’informazione continua ad occuparsi del nulla, di Grillo cattivone che caccia i giornalisti.

E allora penso che Grillo sbaglia molto, soprattutto nella forma, ma se ogni tanto ricorda alla gente chi è uno dei maggiori responsabili dell’italico sfacelo, ovvero quell’informazione che non c’è e quando c’è è distorta, non fa male.
Se l’Italia è al 57° posto nelle classifiche internazionali circa la libertà di stampa e informazione la colpa non è di Grillo e dei 5stelle ma di chi oggi si mette in cattedra impartendo lezioni di democrazia a Grillo non avendo i titoli né l’autorità per farlo.

Formigli irritante e imbarazzante ieri sera a Piazza Pulita.
Quasi quanto l’Annunziata.
Questi il coraggio e le palle li trovano solo coi 5s, come mai l’Annunziata non ha mai chiesto le referenze ad Alfano come ha fatto domenica scorsa  con Fico? magari agli italiani farebbe piacere sapere come ha fatto un portaborse a diventare vicepresidente del consiglio e ministro dell’interno. Deve essere proprio bravo, l’Angelino: il più bravo di tutti.

Molti rappresentanti dei 5s non sanno nemmeno come ci si comporta davanti a una telecamera e gli esperti infieriscono, lo fanno apposta per farli cadere in contraddizione, con gli altri invece domande e risposte vengono concordate nel backstage.

Nei paesi normali non  funziona così, in Inghilterra Blair ha dovuto rispondere a un giornalista che gli faceva notare che anche lui aveva le mani sporche di sangue, provassero a fare la stessa osservazione qui a TUTTI i presidenti del consiglio che hanno appoggiato e finanziato le guerre.  Per non parlare di bush e e di quando un giornalista gli chiese se era vero che sniffasse cocaina. La differenza del rapporto fra informazione e potere è gigantesca, negli altri paesi l’informazione è davvero il cane da guardia del potere.

In fatto di libertà di stampa e di informazione l’Italia è passata dalla padella, berlusconi e il conflitto d’interessi mai risolto e che mai nessuno regolerà per gli ormai noti motivi di pacificazione nazionale alla brace di Monti, che non ha spostato di una virgola lo stato indecente dell’informazione italiana.

E adesso col governo delle larghe intese benedetto dal Re la situazione è, se possibile, peggiore di questa.

Premetto  che io questo meccanismo secondo il quale spendere soldi significa risparmiare non l’ho mai capito: l’unico modo per risparmiare che conosco è non spendere i soldi ma va bene, per molte cose sono una donna ancora all’antica, si vede, ma che finanziare i partiti debba essere più conveniente di finanziare le associazioni umanitarie penso che sia la peggiore delle perversioni maligne che la politica e questo governo potessero anche e solo immaginare di mettere in pratica.
Vuol dire che grazie alla finta legge, alla truffa organizzata della legge sul finanziamento pubblico ai partiti sarà più conveniente per i contribuenti dare soldi ai partiti piuttosto che ad Emergency, 

In un paese dove i governi e la politica non si occupano più della gente e le associazioni umanitarie, le onlus sono sempre di più un punto di riferimento per chi non può curarsi, mangiare, essere assistito, un paese dove ci sono malattie che non si possono curare perché lo stato non finanzia la ricerca, indispensabile a trovare rimedi per le malattie rare, dove per ogni cosa importante, che serve, dalle cure alle ricostruzioni dopo i terremoti si chiedono soldi alla gente sotto forma di tutto; messaggini, sottoscrizioni, piante, arance perché lo stato non c’è, non c’è mai quando serve, ancora una volta la politica violenta il benché minimo senso del pudore e dell’onestà aggiustandosi una legge vergognosa per poter continuare ad avere vantaggi, soldi e privilegi. 
E questa è la migliore risposta per tutti quelli che ancora oggi vorrebbero convincere gli italiani che il governo messo su in fretta e furia da Napolitano, quello delle larghe intese, dell’inciucio a cielo aperto sia davvero il governo delle necessità. 
Quello in grado di dare le risposte all’emergenza.

Quelli che non pagano mai
Marco Politi, Il Fatto Quotidiano, 4 giugno

Chiedeva domenica papa Francesco di pregare per le vittime delle nuove schiavitù e guerre. E in effetti con l’indebolirsi della democrazia, il progredire della crisi e il gonfiarsi del potere economico- finanziario si profila ogni giorno di più un nuovo tipo di guerra. La guerra spietata dei potenti contro gli indifesi, la guerra dei prepotenti contro la massa di chi rispetta la legge e pensa (ingenuamente) che la società dovrebbe orientarsi secondo i dettami di un’etica civile sancita dalle norme. Potenti e prepotenti non vogliono pagare mai. Né rispondere delle loro azioni. Né risarcire morti e sofferenze causate da loro. Mai. Prendiamo la sentenza Eternit: disastro doloso. L’imprenditore elvetico Herr Schmidheiny latita, come si conviene a “chi può”. Il predecessore barone Cartier de Marchenne è passato a miglior vita, reato estinto, gli eredi nulla devono. Andrebbe promossa ex novo una causa civile, con sentenze chissà quando… Chi ha avuto, ha avuto! La storia non è nuova. Nel disastro di Bhopal del 1984, quando un’immensa nube tossica uccise 3.787 persone, poi arrivate secondo stime a 15.000, con danni ulteriori a mezzo milione di indiani, il management americano della multinazionale Union Carbide India Ltd. se la cavò senza un graffio. Persino papa Wojtyla, coraggioso altrove, nel suo primo viaggio in India non disse una parola. Stesse impunità in altri regimi e latitudini. Disgusta l’arroganza smisurata dei potenti e prepotenti. Quanto più è diffusa – sulla carta – la cultura della legge uguale per tutti e la retorica dei diritti umani, tanto più si scintilla l’atteggia – mento sprezzante dei boss, che non devono sottostare alle leggi dei comuni mortali. I comuni mortali pagano l’Imu? La Chiesa-potere non vuole proprio. Strano: il rigoroso Monti, così europeo e attento ad ascoltare la messa, aveva deciso che tutti dovevano dare sull’unghia nel 2012, solo la Chiesa nel 2013. Ora manca un reale catasto dell’uso degli edifici e il gettito sarà aleatorio. Curiosa coincidenza. Il governo Letta ne sa qualcosa? Anche i pedofili ben collocati possono partecipare alla partita. Il sindaco Alemanno, costituendosi parte civile in ritardo contro il prete abusatore Conti, ha ritardato la sentenza di Cassazione con la prospettiva di un pacchetto di prescrizioni: senza risarcimenti. Il gioco ormai è scoperto. Tu paghi e io no.

I Geni italiani hanno avuto tutti vita breve, quelli che non sono morti li hanno tacitati con altri sistemi.

Qualcosa tipo… una liberazione

Le elezioni hanno evidenziato il desiderio di cambiamento degli italiani. A tale istanza, la politica (Pd in primis) ha risposto con Enrico Letta premier. Un po’ come andare al concerto di Woodstock, farsi una canna, rotolarsi nel fango. Aspettare Jimi Hendrix. E poi trovarsi sul palco Orietta Berti e Drupi. [Andrea Scanzi]

 

Preambolo: l’unico ricompattamento che interessava al piddì è quello fra il loro culo e la poltrona, altroché votare Napolitano per senso di responsabilità perché sarebbe l’unico in grado di garantire l’unità nazionale, se mentre lo facevano i tre quarti d’Italia si stavano sgolando perché non volevano lui ma volevano un presidente che fosse DAVVERO un GARANTE di TUTTI e non dei partiti e della politica.
Se c’è qualcosa che ha finito di spaccare questo paese è stata proprio la rielezione straordinaria di Giorgio Napolitano.
Per non parlare di quanto potrà ancora distruggere, altroché unire, ricompattare e garantire, il governo che questi geniali strateghi della politica stanno preparando.

Adesso qualcuno dovrebbe anche raccontarci la storiella che “meglio di così non si poteva fare”, ma, come diceva qualcuno: “il coraggio, chi non ce l’ha non se lo può dare”.

Molto comica la Di Girolamo ieri sera a Ballarò che cercava di paragonare le grosse coalizioni che si fanno nei paesi normali – dove non si mandano delinquenti nei parlamenti – in situazioni particolari, di crisi politica o di emergenza con gli squallidi accordi di bottega che si fanno invece qui anche a prescindere dalle crisi ed emergenze. 

Quando gli storici del futuro, fra cento anni, duecento anni analizzeranno il fenomeno della politica italiana noi non ci saremo più.

E sarà un vero peccato, vorrei reincarnarmi in una mosca per assistere allo spettacolo, quando sui libri di Storia del futuro i ragazzi dovranno studiare che nel 2013 il parlamento della repubblica italiana ha deciso che Carfagna, Gasparri, Alfano, Letta jr, Franceschini, Gelmini sono stati giudicati autorevoli difensori dell’unità nazionale e del bene del paese mentre Stefano Rodotà no.

“Perché no a Rodotà e sì a Berlusconi?”
Ma Bersani non risponde a Serracchiani

Sottotitolo: in Francia, concedendo il matrimonio e l’adozione agli omosessuali onorano l’égalité, del resto l’hanno inventata loro insieme alla liberté e alla fraternité che non sono modi di dire lì ma proprio modi di fare.
Noi qui, invece, siamo fermi alla complicité.
Del resto, anche questa l’abbiamo inventata noi.

Finalmente, grazie al nuovo governatore Zingaretti, la regione Lazio ha bloccato i finanziamenti per la costruzione del monumento al criminale di guerra Rodolfo Graziani. Qualcuno dovrebbe spiegare al sindaco di Affile che per essere Antifascisti non bisogna essere stalinisti, e che se questo fosse un paese normale ogni singolo cittadino che conosca almeno un po’ la storia italiana dovrebbe avere in sé i valori dell’Antifascismo, altroché ammalarsi di  nostalgie fasciste.

Idioti, imbecilli, storicamente ignoranti e perdenti.

Qualcosa tipo una liberazione – Massimo Gramellini, La Stampa

«La prof dice che giovedì non c’è lezione». «Vero, c’è qualcosa tipo… una liberazione». Ma anche i pochi che sanno ancora di che cosa si tratta preferiscono non diffondere troppo la voce «per non offendere i reduci di Salò», come si è premurato di precisare il commissario di Alassio. Una sensibilità meritoria, se non fosse che a furia di attutire il senso del 25 aprile si è finito per ribaltarlo, riducendo la Resistenza alla componente filosovietica e trasformando le ferocie partigiane che pure ci sono state nella prova che fra chi combatteva a fianco degli Alleati e chi stava con i nazisti non esisteva alcuna differenza. La differenza invece c’era, ed era appunto politica. Se avessero vinto i reduci di Salò saremmo diventati una colonia di Hitler. Avendo vinto i partigiani, siamo una democrazia. Nonostante tutto, a 68 anni di distanza, il secondo scenario mi sembra ancora preferibile. Grazie, partigiani.

In questi giorni e ogni anno due cose tornano puntuali e con precisione scientifica: le formiche a casa mia – ché la primavera è bella ma ha anche i suoi svantaggi, specialmente se si abita in campagna, e le consuete cazzate sul 25 aprile, il che non dovrebbe essere un fatto da imputare alla stagione, se questo fosse un paese normale.
Perché bisognerebbe indagare sui metodi di insegnamento e nel particolare sugli insegnanti, se un ragazzino può dire che “giovedì [25 aprile] si sta a casa perché c’è una cosa tipo una liberazione”.
Ma del resto questi sono i risultati di un’azione capillare di dimenticanza che dura da anni e anni, i risultati di quell’eccesso di “comprensione storica” di togliattana memoria che portò violante, uno che di cazzate se ne intende ma chissà perché Napolitano l’ha considerato addirittura saggio, a dire qualche anno fa che tutto sommato fra i repubblichini di Salò e i Partigiani non c’era una differenza così sostanziale, e il pdl fece addirittura una proposta di legge, subito imitato anche dal pd per assegnare ai reduci di Salò una pensione statale.
Come se aver combattuto contro l’oppressore nazifascista ed essersi messi al suo fianco – perché, come ancora pensa e dice qualcuno, i tempi non permettevano di scegliere – fosse la stessa e identica cosa.

Libro & Giorgetto
Marco Travaglio, 24 aprile

Il Foglio e Libero — il primo in modo spiritoso, il secondo con le mèches smentiscono quel che abbiamo scritto negli ultimi giorni e di cui facciamo ammenda: cioè che tutti i media siano genuflessi ai piedi di Sua Castità e del suo governissimo. 
Essi anzi manifestano una sbarazzina tendenza alla critica che rasenta il vilipendio. 
Per esempio il Corriere, che assume la guida dell’opposizione con il commento al vetriolo di Antonio Polito: “Discorso breve, severo ma intriso di commozione: una lezione di virtù repubblicana”. E di Paolo Valentino: “Ci sono discorsi che cambiano la storia di un Paese. Come quello di Abraham Lincoln nel 1863 a Gettysburg… O come Lyndon Johnson, che nel 1964 pronuncia il celebre we shall over come e chiude la segregazione razziale… Il discorso di Giorgio Napolitano ha la forza retorica, l’altezza d’ispirazione e la dirompenza politica che lo rendono già un’opera prima… ha aperto una nuova pagina, restituendo dignità alla parola e regalandoci un testo di etica pubblica senza precedenti nella storia repubblicana. In un altro Paese, lo farebbero studiare nelle scuole”. Le case editrici sono già all’opera per rimaneggiare all’uopo i sussidiari e le antologie scolastiche, espungerne i sorpassati Alighieri, Machiavelli, Foscolo, Manzoni e Pirandello e far posto a Giorgio Lincoln-Johnson. Ma anche un po’ De Gaulle, come lo definisce sul Foglio il sempre controcorrente compagno Ferrara (“logica stringente, grinta politica, orgoglio civile e sculacciate a Gribbels… un capolavoro che ha per titolo onorario quel ‘Tutti per l’Italia’ proposto dal Foglio prima della campagna elettorale”). I provveditori agli studi vedano se non sia il caso di ripristinare, all’inizio delle lezioni subito prima della preghiera mattutina, il Saluto al Re dei balilla e delle piccole italiane. Addirittura urticante, com’è nello stile di Repubblica, l’attacco di Andrea Manzella che vede “nella generosa disponibilità di Napolitano la consapevolezza di dover conservare ‘immune da ogni incrinatura’ il ruolo istituzionale del presidente della Repubblica”. Perché sembra un re, ma è solo un presidente che “assembla le attribuzioni presidenziali che erano un po’ sparse nella Carta”: ecco, assembla. E “si può dire che al triangolo tradizionale — governativo, legislativo, giudiziario — si è ora aggiunto, senza togliere nulla agli altri, un quarto lato. Un triangolo quadrilatero”. Gli editori scolastici prendano buona nota e approntino opportune integrazioni ai testi non solo di diritto costituzionale, ma anche di geometria: ai triangoli equilatero, isoscele, degenere, rettangolo, ottusangolo e scaleno si aggiunga senza indugio il triangolo quadrilatero, con buona pace di Pitagora che non capiva un cazzo (il suo, del resto, era il solito “teorema”). Addirittura temerario sulla Stampa , nel suo empito dissacratorio, è Luigi La Spina, che fa onore al suo cognome conficcando nel sacro còre napulitano un giudizio al vetriolo: “È una delle poche occasioni in cui l’aggettivo ‘storico’ si può e si deve usare, perché non serve a un tributo encomiastico e adulatorio”, ci mancherebbe, perbacco. Per non esser da meno, la corrosiva Unità ospita l’on. giorn. Massimo Mucchetti, che da grande economista, forse un tantino influenzato dalle tempeste ormonali di primavera, non ha dubbi: “Di fronte alla cittadina Lombardi, Mara Carfagna per tutta la vita”. E vivaddio, quando ci vuole ci vuole. Per dirla col sempre birichino Claudio Sardo, è “La riscossa della istituzioni” e “speriamo che il discorso ‘storico’ del presidente segni l’avvio di una nuova stagione della Repubblica… Ora si fanno le riforme… Ora si fa il governo che le imprese, i lavoratori, le famiglie reclamano.Ora non si sfugge a una convergenza politica. Ora si difendono le istituzioni dal vilipendio”. E magari i treni arrivano in orario e ci riprendiamo pure l’Abissinia. Libro & Giorgetto, inciucista perfetto.

La direzione del PD sembrava una riunione dell’anonima alcolisti dopo una gita all’oktoberfest: salve, sono Pierluigi, perdo da una vita, ho provato a smettere…[Maurizio Crozza]

Potevano vincere, ma anche no

«Il Pd che doveva essere il partito del cambiamento si è trasformato nel partito della moderazione, della conservazione, del mutare ma solo «un po’», come da intercalare bersaniano. Un po’ poco per vincere bene le elezioni, appunto». [Marco Damilano, L’Espresso]

Spero che tutti abbiano capito che non si vince a mani basse ma A TESTA BASSA.
E che gente che per diciotto anni ha fatto solo finta di fare opposizione all’inamovibile delinquente [soprattutto per merito suo] non può né deve in nessun modo sentirsi superiore a NESSUNO.

ANALISI – Istituto Cattaneo: “Così l’M5s ha succhiato voti al Pd”

Da Fini a Di Pietro, tutti i trombati e i “salvati” dal voto (FOTO)

13 luglio 2012: Moody’s abbassa il rating dell’Italia. “Il clima politico è fonte di rischi”: ovvero, non ci fidiamo del ritorno dello zombie.

Sottotitolo: scrutinio finito, ingovernabilità garantita. Alla Camera (per fortuna) ha “vinto” il centrosinistra, con una miseria di +0.36% (29.54 a 29.18). Dopo le Primarie, vinte dal ronzino smacchiato di Bettola (sì, ha perso anche a casa sua), avevano più di 10 punti di vantaggio. In due mesi hanno bruciato tutto. Complimenti ai suoi consiglieri, ai giornalisti bersaniati e all’intellighenzia tronfia e sorda. Il Porcellum gli garantisce la maggioranza dei seggi (340). Decisivi i Marxisti per Tabacci (Bruno Man of the match). M5S primo partito nazionale alla Camera (25.55%, 108 deputati). Al Senato pareggio e capolavoro di insipienza piddina, che racimola la miseria di 113 senatori (pur avendo un +0.9%) contro i 116 della coalizione berlusconiana (che vince in tutte le regioni in bilico). M5S colleziona 54 senatori (23.79%), Monti 9. Alfano parla di brogli, Letta esulta, Vendola sogna un governo che in 100 giorni tremare il mondo farà (intanto la Puglia ha votato tutti tranne che lui). Fuori dal Parlamento Ingroia (sì, anche il noto statista Favia) e Fini (“il nuovo Sarkozy”: levateje er vino). Rientra Casini, pur avendo meno del 2. Vendola galleggia attorno al 3, Lega attorno al 4, La Russa poco sotto il 2. E ora che succede? Succede che Bersani dice di avere vinto (nei suoi sogni) e di sentire la “responsabilità” di governare (ti piacerebbe). Per governare deve inciuciare con Berlusconi in un appassionante iperaccrocchio. Più inciuciano, più M5S sale. Prima si vota, più M5S cresce. Quindi aspetteranno il più possibile (ma non c’è altra strada: a ottobre si torna alle urne). Se va bene, rifanno la legge elettorale e si rivota. Quindi andrà male. Abbiamo il peggiore centrosinistra d’Europa e gli elettori con meno memoria storica della galassia. In confronto a Bersani e derivati, Occhetto era Lenin e Veltroni Marx. Non impareranno mai. Buona catastrofe. [Andrea Scanzi – Il Fatto Quotidiano]

Preambolo: Antonio Razzi, Domenico Scilipoti, e l’ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini entrano in Parlamento. 

Per fortuna Ingroia no, ci siamo salvati dalla “deriva giustizialista”.
Così almeno – per la contentezza di tutti quelli che lo hanno criticato e ignorato, tutti quelli che “Ingroia si deve dimettere” [ma berlusconi no, nessuno glielo ha mai chiesto] – può tornare a fare il Magistrato a tempo pieno, e spero che decida di tornare a farlo qui, ché da fare ce n’è.

La notizia buona è che binetti, buttiglione e cesa sono fuori dal parlamento.
Spero se lo ricordino anche quei giornalisti che senza l’intervista ciclica, a cadenza bisettimanale a binetti e buttiglione per chiedere cosa pensano dei gay non avrebbero avuto niente di meglio da fare. Bisognerebbe mandare a casa anche loro.

Quella meno buona è che oggi voglio stare a digiuno dai luoghi comuni.
Quindi posso, anzi, voglio  fare a meno di tutti quelli che “gli italiani…” e a seguire tutta la serie insulsa di patetiche contumelie circa il fatto che abbiamo quello che ci meritiamo, che siamo un popolo di deficienti complici del delinquente, che siamo di destra, che siamo fascisti [come Grillo, ah ah ah], che non capiamo, che siamo ignoranti, che siamo populisti, che siamo qualunquisti, che siamo un po’ di tutto; noi. Loro, i politici no, non sono mai niente.
Perché io non sono scema né complice, e nemmeno mi merito una punizione.
Perché quello che da settimane scrivono giornalisti che non hanno l’ambizione di essere considerati opinion leader, ovvero quelli che dietro ai loro articoli nascondono l’intenzione di trascinare la gente verso una parte politica invece di illustrare tutta la politica in modo trasversale, pregi [pochi, quasi niente] e difetti [quanti ne vogliamo, c’è l’imbarazzo della scelta] io lo scrivo da mesi, anzi da anni. Modestamente e senza un filo di presunzione mi sono ritrovata a rileggere concetti che avevo già espresso fra gli articoli di giornalisti che come me se ne fottono allegramente non dovendo rendere conto a nessuno e dai quali i presuntuosi e gli arriccianaso di centrosinistra si tengono ben distanti salvo poi criticarli per la loro faziosità senza nemmeno averli letti.
Essere persone libere significa non dover dipendere da nessuno, e figuriamoci dagli editoriali di Scalfari e del suo seguito che hanno preferito distruggere la reputazione di un giornale piuttosto che rimanere nei fatti e non nelle ipotesi terrorizzando la gente circa i rischi e i pericoli a proposito del M5S.

E non me ne fotte una cippa se qualcuno pensa che sia dietrologia o parte di un passato che sarebbe meglio mettere da parte per “guardare avanti” ricordare gli errori grossolani di chi non ha saputo – ma più che altro voluto fermare berlusconi – per quella che è ormai molto più che una teoria circa il sostentamento reciproco: senza l’uno non esisterebbero gli altri, perché diciotto anni sono e sono stati un periodo sufficiente per trovare sistemi e soluzioni, e nessuno mi venisse a dire che lui è ancora qui perché la gente lo vota, perché se non ci fosse stato per la famosa e stracitata legge sulla sua ineleggibilità ignorata scientemente, o non ci fosse più, e il modo per non farcelo stare spesso lo ha offerto lui stesso con i suoi errori, con i suoi reati, con i suoi capi d’imputazione e processi aperti, la gente non l’avrebbe votato.
A luglio l’AVREBBE votato una persona su cinque, ieri LO HA VOTATO una su tre: quindi la colpa andrebbe suddivisa e spartita fra tutti i responsabili POLITICI invece che farla ricadere sempre e comunque sui cittadini che ad uno che sta zitto preferiscono uno che parla, e a ragion veduta, non di papi Giovanni, giaguari da smacchiare, e nemmeno definendo fascisti della rete tutti quelli che, me compresa pensano che la politica debba imparare a parlare un linguaggio diverso e ad agire in modo diverso.
Perché per chi non se ne fosse accorto i primi a non voler guardare avanti sono proprio quelli che in questo ultimo periodo si vantavano di aver già vinto e che quindi non fosse necessario spiegare agli italiani cosa avrebbero voluto fare di e con questo paese e di conseguenza con e per noi noi.
Io non ricordo NULLA di particolarmente significativo e convincente di quel che ha detto Bersani, per esempio, ma ricordo benissimo quello che hanno detto Monti, Grillo e berlusconi. Non ci vuole un esperto di comunicazioni e nemmeno un Pulitzer del giornalismo per rendersi conto che questo centrosinistra non sa parlare alla gente, non si fa capire dalla gente perché probabilmente, anzi sicuramente non sa e non capisce nemmeno cosa vuole fare di se stesso e qual è la politica che realmente gli appartiene se vuole mettersi alla guida di un paese la cui gente sta vivendo oggi e vorrebbe che anche la politica si adeguasse alla vita di oggi.
Questo invece Grillo lo ha capito, paradossalmente e a modo suo anche berlusconi, Bersani invece spostando l’asse verso il centro, verso Monti, verso politiche liberiste di tasse ed economia scellerata e finalizzata sempre e comunque all’aumento delle tasse e delle prebende con cui caricare gente sfinita e stanca di pagare e di una politica che di contro non toglie nulla a se stessa, non lo ha capito.
E i cittadini non hanno – giustamente – voluto capire lui.

Ora – forse – il PD capirà che per farsi eleggere dalla gente bisogna entrare nella mentalità della gente, capire dov’è ora questo paese ma soprattutto dove lo si vuol portare, invece di passare il loro tempo a dividere gli amici dai nemici; fascista, berlusconiano, populista. E magari invece di pensare ad avere una banca pensare ad un modo convincente per farsi eleggere anche dai clienti delle banche.

L’amico del giaguaro
Marco Travaglio, 26 febbraio

La domanda era: riusciranno i nostri eroi a non vincere le elezioni nemmeno contro un Caimano fallito e bollito? 

La risposta è arrivata ieri: ce l’han fatta un’altra volta.

Come diceva Nanni Moretti 11 anni fa, prima di smettere di dirlo e di illudersi del contrario, “con questi dirigenti non vinceremo mai”. Del resto, a rivedere la storia del ventennio orribile, era impossibile che gli amici del giaguaro smacchiassero il giaguaro. L’abbiamo scritto fino alla noia: nel novembre 2011, quando B. si dimise fra le urla e gli sputi della gente dopo quattro anni di disastri, era dato al 7%: bastava votare subito, con la memoria fresca del suo fallimento, e gli elettori l’avrebbero spianato, asfaltato, polverizzato. Invece un’astuta manovra di palazzo coordinata dai geniali Napolitano, Bersani, Casini e Fini, pensò bene di regalarci il governo tecnico e soprattutto di regalare a B. 16 mesi preziosi per far dimenticare il disastro in cui ci aveva cacciati. Il risultato è quello uscito ieri dalle urne. Che non è la rimonta di B: è la retromarcia del centrosinistra. Che pretende di aver vinto con meno voti di quando aveva perso nel 2008. Il Pdl intanto ha incenerito metà dei voti di cinque anni fa, la Lega idem. E meno male che c’era Grillo a intercettarli, altrimenti oggi il Caimano salirebbe per la quarta volta al Quirinale per formare il nuovo governo. Il che la dice lunga sulla demenza di chi colloca M5S all’estrema destra o lo paragona ad Alba Dorata. Il centrodestra è al minimo storico, sotto il 30%, che però è il massimo del suo minimo: perché B. s’è alleato con tutto l’alleabile, mentre gli strateghi del Pd con la puzza sotto il naso han buttato fuori Di Pietro e quel che restava di Verdi, Pdci, Prc e hanno schifato Ingroia: altrimenti oggi avrebbero almeno 2 punti e diversi parlamentari in più, forse addirittura la maggioranza al Senato. Ma credevano di avere già vinto, con lo “squadrone” annunciato da Bersani dopo le primarie: l’ennesima occasione mancata (oggi, col pur discutibile Renzi, sarebbe tutta un’altra storia). Erano troppo occupati a spartirsi le poltrone della nuova gioiosa macchina da guerra per avere il tempo di fare campagna elettorale. I voti dovevano arrivare da sé, per grazia ricevuta e diritto divino, perché loro sono i migliori e con gli elettori non parlano. Qualcuno ricorda una sola proposta chiara e comprensibile di Bersani? Tutti hanno bene impresse quelle magari sgangherate di Grillo e quelle farlocche di B. (soprattutto la restituzione dell’Imu, tutt’altro che impossibile, anche se pagliaccesca visto che B. l’Imu l’aveva votata). Di Bersani nessuno ricorda nulla, a parte che voleva smacchiare il giaguaro. Anche questo l’abbiamo scritto e riscritto: nulla di particolarmente brillante, tant’è che ci era arrivato persino D’Alema. Ma non c’è stato verso: la campagna elettorale del Pd non è mai cominciata, a parte i gargarismi sulle alleanze con SuperMario (da ieri MiniMario) e i formidabili “moderati” di Casini (tre o quattro in tutto). Col risultato di uccidere Vendola, mangiarsi l’enorme vantaggio conquistato con le primarie e regalare altri voti a Grillo, non bastando l’emorragia degli ultimi anni. Ora è ridicolo prendersela col Porcellum (peraltro gelosamente conservato): chi, dopo 5 anni di bancarotta berlusconiana, non riesce a convincere più di un terzo degli elettori non può pretendere di governare contro gli altri due terzi. Anzi, dovrebbe dimettersi seduta stante per manifesta incapacità, ponendo fine al lungo fallimento di un’intera generazione: quella degli ex comunisti che non ne hanno mai azzeccata una. Ma dalle reazioni fischiettanti di ieri sera non pare questa l’intenzione: tutti resteranno al loro posto e, lungi dallo smacchiare il giaguaro, proveranno ad allearsi col giaguaro in una bella ammucchiata per smacchiare il Grillo e soprattutto evitare altre elezioni.

Auguri.
Quos Deus vult perdere, dementat prius.
(Quelli che Dio vuole distruggere, fa prima impazzire.)

La Grande Truffa

Senato, Grillo risale e Monti scende
A Bersani il centro potrebbe non bastare

Il nuovo exploit dei Cinque Stelle nei sondaggi può mettere in crisi le alleanze del Pd a Palazzo Madama
Così potrebbe affacciarsi la riproposizione del caso Sicilia, dove Crocetta ha bisogno dei voti del M5S.

Preambolo: Vendola a differenza di Bertytweed che quando sente e legge Marco  Travaglio si fa venire l’orticaria, ieri sera a Servizio Pubblico, annuiva. Quindi significa che Travaglio  tutte ‘ste stronzate fascistoidi non le dice e non le scrive. Nemmeno quando – giustamente – ricorda tutte le cazzate fatte dalla sinistra al posto di quel che una sinistra ma anche un centrosinistra onesto e coerente doveva, avrebbe dovuto e deve fare.

C’era una volta un politico piccolo piccolo che tutti davano per morto , e regolarmente risorgeva dalle sue ceneri. Montanelli lo chiamava “Il Rieccolo”.

Sottotitolo: Enrico Letta: “Su un eventuale accordo futuro con i montiani decideranno insieme Bersani e Vendola. In ogni caso un allargamento è nella logica delle cose, perché abbiamo di fronte i populismi di Grillo e Berlusconi, che sono populismi molto aggressivi rispetto ai quali dobbiamo fare fronte comune”. Il Pd è straordinario. Da una parte insulta chi vota M5S (o Ingroia) equiparandolo a chi vota Berlusconi (dimenticandosi che l’unica forza che mai ha fatto opposizione a Berlusconi è proprio il centrosinistra). Dall’altra chiede – anzi esige – il “voto utile”, altrimenti “se vince Berlusconi è colpa vostra”. Tradotto: ti entrano in casa, ti ciulano la compagna, ti sfasciano i mobili e poi ti chiedono i soldi per tornare a casa in taxi (e se non glieli dai sei un antidemocratico). Che statisti mirabili. [Andrea Scanzi]


Enrico Letta è lo stesso che il 13 luglio scorso disse “meglio votare Berlusconi che Grillo”.

Sul fatto che a luglio del 2012 Enrico Letta, il nipote dello zio, non aveva ancora capito che Grillo NON si vota, stendiamo un velo “lettoso”.

Questo piccolo amarcord onde evitare rotture di coglioni a posteriori quando, armato di torce e lumini cimiteriali qualcuno andrà a caccia degli eventuali colpevoli dell’eventuale débâcle.

Questo è il risultato di una pessima propaganda, spesso più violenta delle cose che si criticano e si rimproverano a Grillo.
Parlano tutti dell’imbonitore del nuovo millennio, della riproduzione su scala di mussolini e berlusconi ma intanto Grillo continua a riempire le piazze mentre i politici ‘tradizionali’ nelle piazze non ci possono più andare; meglio parlare ai “parenti stretti” nella comodità dei teatri che ospitano i loro convegni in campagna elettorale o davanti a giornalisti compiacenti che non li straniscono troppo.
Grillo, il grande bluff, la truffa targata Casaleggio [manco fosse dell’utri], ma la truffa è anche chi dice di volersi occupare di un paese ma non dice in che modo intende farlo, e con chi, soprattutto; la truffa è dire che si va a governare con Vendola ma decidere sul filo di lana, sempre per l’irresponsabilità di parole e comportamenti di una campagna elettorale pietosa e penosa, di andarci con Monti. Chiunque abbia ancora a disposizione una briciola di obiettività sa benissimo che per mettere più sinistra nel pd, anzi, per mettercela e basta serve dare il voto all’unico partito che è di sinistra e cioè Sel. Il problema è quando poi, nella coalizione di governo Vendola dovrà togliersi il cappello di fronte alle decisioni che Bersani prenderà non con lui ma col sobrio professore. Perché è questo che succederà, e bisognerebbe avere l’onestà di dirlo.

Non voterò il movimento, ma non ne sono nemmeno terrorizzata come quelli che in questi mesi hanno parlato di Grillo come del babau del terzo millennio, perché io Monti lo temo molto più di Grillo, e anche di berlusconi.

Nota a margine: Angelo Bagnasco,  di professione cardinale, presidente della Cei interviene nel dibattito politico pre elettorale: ”Gli italiani hanno bisogno della verità delle cose, senza sconti, senza tragedie ma anche senza illusioni”. Tre le priorità che dovrà seguire il nuovo governo: “lavoro, famiglia e riforme dello Stato”.

La faccia tosta di questi millenari affabulatori dell’irrealtà è davvero insopportabile. Le loro eminenze in fatto di balle vogliono mantenere l’esclusiva.

Dopo aver sostenuto per diciotto anni il più grande cazzaro disonesto dell’universo naturalmente perché da bravo cristiano come ha dimostrato di essere gli garantiva [come tutta la politica del resto ha sempre fatto] i rubinetti sempre aperti oggi sale in cattedra permettendosi di dire che gli italiani non devono cadere nel tranello della politica bugiarda, quella che ha sempre fatto comodo a loro, quella che gliele dà tutte vinte, quella che permette a questi millantatori di interferire nella politica, di dettare l’agenda a proposito di leggi, un’agenda di fronte alla quale tutta la politica di destra, centro, sinistra e centrosinistra si è sempre inchinata con riverenza e referenza.

Basta: questo paese ha il diritto di avere una politica che metta al loro posto questi disturbatori della società che impediscono a questo paese di progredire, crescere, diventare normale, civile, accogliente per tutti e dove si rispettano i diritti di tutti.

Stupidità oggettiva
Marco Travaglio, 7 febbraio

Se il centrosinistra non avesse abdicato al dovere morale e politico di rinfacciare a B. i suoi scandali giudiziari, così immunizzandolo per sempre dalle conseguenze morali e politiche dei reati suoi e delle sue aziende, oggi potrebbe rispondergli qualcosa a proposito delle sue accuse sul caso Montepaschi. Perché purtroppo B. ha ragione a denunciare la “responsabilità oggettiva” degli ex Pci, ex Pds, ex Ds, ora Pd nella malagestione della banca senese, da decenni nelle mani degli amministratori locali del centrosinistra, dopo aver fatto capo alla P2 e aver regalato a B. fidi e finanziamenti oltre ogni limite di rischio ai tempi di Milano2. Il fatto è che la responsabilità oggettiva dovrebbe valere sempre, anche per lui. Anche quando viene assolto o prescritto in processi che vedono condannati suoi manager o fedelissimi. Stiamo parlando non solo di culpa in eligendo e in vigilando, per aver scelto gli uomini sbagliati e non averli sorvegliati. Ma anche soprattutto di culpa “in premiando”, visto che, una volta accertata la loro colpevolezza, non sono stati rimossi o puniti, anzi han fatto tutti carriera, in azienda o addirittura in Parlamento. Delle tangenti alla Guardia di Finanza, B. disse di non saperne nulla. Fu condannato in primo grado, prescritto in appello e assolto per insufficienza di prove in Cassazione: ma il capo dei servizi fiscali Fininvest, Salvatore Sciascia, confessò e fu condannato per corruzione a 2 anni e 4 mesi, mentre l’avvocato Massimo Maria Berruti si beccò 8 mesi per favoreggiamento: dopodiché entrambi divennero onorevoli, sebbene B. sapesse tutto almeno dalle sentenze, o forse proprio per questo. E la responsabilità oggettiva di B.? Nessuno ne parlò. Anzi, quando fu assolto, D’Alema si scusò pubblicamente con lui per aver chiesto a suo tempo le sue dimissioni: cioè per averne detta eccezionalmente una giusta. Anche Dell’Utri fu condannato per le false fatture di Publitalia insieme ad altri manager, e poi per mafia: promosso senatore. E la responsabilità oggettiva di B.? Passata in cavalleria. Il fratello minore Paolo patteggiò per una mega-truffa alla Regione Lombardia. Della responsabilità oggettiva del fratello maggiore, neanche a parlarne. Previti fu condannato perché comprava giudici e sentenze à la carte con soldi di B. e della Fininvest: B. se la cavò per prescrizione, ma la Fininvest fu condannata civilmente a risarcire De Benedetti per lo scippo della Mondadori. Avete mai sentito un esponente del centrosinistra (a parte Di Pietro, non a caso espulso con ingnominia) rammentargli quella piccola responsabilità oggettiva da 560 milioni? Idem per il caso Mills: l’a vvocato inglese fu condannato per essere stato corrotto con 600 mila dollari di provenienza Fininvest e poi prescritto, mentre B. fu subito prescritto. E la sua responsabilità oggettiva? Di solito, per accertare la responsabilità oggettiva di un politico, non c’è bisogno di processi o sentenze: bastano i fatti, almeno quando sono documentati. E di fatti documentati ce n’erano a bizzeffe già nel 1997, quando il centrosinistra promosse B. a padre costituente nella Bicamerale, chiamandolo a riformare “insieme” nientemeno che la Costituzione. E ce n’erano a carrettate nel novembre 2011, quando il Pd accettò di entrare in una maggioranza guidata da lui per governare insieme l’Italia appoggiando Monti. Per vent’anni chi avrebbe potuto e dovuto isolarlo, rifiutare di parlargli, delegittimarlo per le sue colpe politico- morali prim’ancora che penali, lo ha invece coinvolto, riverito, interpellato, legittimato. Col risultato che lui, oggi, rinfaccia agli altri le loro responsabilità oggettive. E gli altri non sanno cosa rispondere, perché non hanno più nulla da dirgli: o, peggio, dovrebbero dirgli ciò che non gli han detto per vent’anni.

Restituiscici l’Italia e chiudiamola qui. #virestituirò

Sottotitolo: caro Pd, laddove l’acronimo sta per Partito Delusione, accetta questo mio piccolo messaggio nella bottiglia. Non sono un tuo elettore, perché ho altre forme di masochismo, ma capisco (e rispetto profondamente) chi ti vota. E spero che, le prossime elezioni, le “vincerai”. Sarebbe il male minore. Leggo adesso i tuoi strali su Berlusconi, che – garantiscono i Letta e i D’Alema – è “tornato”. Mi duole dirti che, in realtà, mai se n’è andato. E ancora una volta sei stato il solo, (poco) caro Pd, a non capirlo. Per sconfiggerlo – per sempre – c’era un modo facile facile: andare al voto un anno fa. Bastava poco. Avresti eliminato politicamente il Caimano. Avresti disinnescato il Grillo crescente (che tanto detesti). Avresti evitato la discesa in campo di Ingroia (un altro che odi). E avresti pure evitato, tu e i tuoi Scalfari, di innamorarti inutilmente di Mario Monti (salvo poi scoprire chi sia realmente Monti, coi tuoi soliti anni di ritardo). Era facile. Ma non hai voluto. E adesso, con i tuoi errori, uno dopo l’altro, siamo al punto di partenza. Ecco: sai cosa c’è, caro Pd? Che, da cittadino italiano, mi sarei veramente – e neanche troppo educatamente – fracassato gli zebedei di pagare sulla mia pelle le tue colpe, la tua nomenklatura polverosa e il tuo lassismo. Se Berlusconi esiste da vent’anni, è perché da vent’anni gioca senza avversari. O – peggio – con avversari finti. Per questo non posso votarti. Per questo non posso perdonarti. Con (relativa) stima, sperando in un improbabile tuo ravvedimento.

Non tuo, Andrea Scanzi.

(Andrea Scanzi è il giornalista del Fatto Quotidiano che ha recentemente ricordato alla nipote di suo nonno che il fascismo, come la mafia, è una montagna di merda)

Preambolo: Ruby, ok al legittimo impedimento 

Secondo me però non dovrebbe esserci  nessun impedimento, né tanto meno legittimo perché il cittadino silvio berlusconi non si possa presentare in tribunale.

E, se come ci fanno sapere i suoi angeli custodi longo e ghedini   sarebbe impossibilitato a presentarsi in tribunale  perché troppo impegnato ad occupare radio e tv e sono le emittenti a decidere gli appuntamenti televisivi , le emittenti smettessero di invitarlo in televisione.
Gli italiani si sacrificheranno volentieri per una giusta causa.
A nessun cittadino sarebbe permesso di prendersi gioco della magistratura e di un popolo intero per motivi risibili come questo. E questo non c’entra niente con chi ha votato il cittadino/imputato silvio berlusconi ma c’entra molto con chi ha permesso che cose come questa, che non succedono in nessun altro paese, qui diventassero la consuetudine. berlusconi è l’unico a non essere candidato a NIENTE ma  è al centro della scena di questa campagna elettorale da protagonista assoluto,  e non ci sta perché se la prende ma perché gliela danno.

Mandatelo, almeno, in terza pagina se proprio non ce lo possiamo evitare. Le nostre campagne elettorali sono quanto di più squallido possa avvenire: insopportabili per toni, termini, ma soprattutto per le persone che si propongono a guidare questo sciagurato e sfortunato paese.

Per quella bizzarra regola che la maggioranza vince anche quando esercita i suoi diritti in modo superficiale o, peggio ancora pensando di poter trarre un vantaggio personale non preoccupandosi affatto di quali conseguenze potrà avere poi il suo agire, i risultati del voto degli altri li subiamo tutti. 

Così, come abbiamo subito berlusconi per un periodo simile più ad una dittatura e non equilibrato da quella che una volta si chiamava alternanza democratica, anche stavolta saremo costretti a subire un esito elettorale che ci consegnerà nelle mani di un governo debole perché composto dalle solite “anime diverse” e cioè praticamente da chi ha scelto di  essere né carne né pesce, di sinistra ma anche no, di centrosinistra ma strizzando l’occhio a Monti.  Con una sinistra forte all’opposizione berlusconi non sarebbe ancora qui, anzi, probabilmente non avrebbe mai messo piede in parlamento.

Bastava la legge sul conflitto di interessi per liberarsi di lui.

Invece  tutti si sono fatti le pippe per vent’anni al ritmo di “non si demonizza l’avversario”, “l’avversario va sconfitto politicamente” e tutta una serie di balle inenarrabili e inconcepibili per un paese civile.

Dopo averlo fatto entrare non hanno saputo trovare il sistema per liberarsene, o non l’hanno voluto trovare;  la nostra sinistra furbacchiona ha barattato il conflitto di interessi con quel che le tornava utile perché risolvere quello di b significava poi doversi occupare anche degli altri, quindi come c’insegna la recente vicenda del Monte dei Paschi, anche dei loro.  

Mussari, amico di Tremonti, quello che dopo aver fatto fallire MPS invece di andare in galera è stato promosso a presidente di TUTTE le banche italiane  è stato voluto da d’alema, non l’ha portato la fatina dei dentini.

E se solo ogni tanto ci ricordassimo tutti che b era INELEGGIBILE per Costituzione  forse capiremmo meglio e di più di quello che è successo in Italia in questi ultimi diciotto anni.


E invece ci troviamo di nuovo davanti persone, perlopiù quelle di sempre esclusa qualche rara eccezione, che, mentre pensano a tutte le loro ottime strategie il cui unico risultato  prodotto fin’ora è stato  perdere punti nei sondaggi si stanno dimenticando nuovamente del loro avversario [o presunto tale] silvio berlusconi e delle sue infinite potenzialità e capacità, perché come scrive benissimo Travaglio da giorni, lo ha scritto anche in anni passati in occasione di altre sfide elettorali, lui racconta sempre le solite balle ma la sua  campagna elettorale la fa, a modo suo perché sa qual è il target di elettori che poi malgrado e nonostante tutto riuscirà a sedurre e abbindolare di nuovo: anche stavolta. 
Ma a centrosinistra Travaglio non lo leggono, e se lo leggono non lo considerano, molto meglio dar retta ai famosi editoriali dell’opportunista voltagabbana di largo Fochetti  o a tutto il giornalismo “autorevole” di ex quotidiani come l’Unità e il Corriere della sera i quali, insieme a Repubblica hanno stravolto le loro linee editoriali a beneficio del cosiddetto voto utile: a chi, non è dato sapere o forse sì.
Col risultato che, se berlusconi gioca denari loro rispondono – quando e se lo fanno –  puntualmente a coppe, la maggior parte delle volte col due che, lo sanno anche i bambini, non conta niente.
Ieri Fassina ha detto che anche il pd “deve” occuparsi di una grande banca, io che di alta finanza non capisco niente e da sciocca idealista penso che un partito del popolo si debba occupare di fare il bene del popolo e non avere interesse per quello che ha dimostrato di fare male al popolo,  ma di comunicazione un po’ sì, giusto per passione, dico al pd: perché invece di pensare di occuparvi di quel che non vi compete e cioè di gestione dei soldi degli altri e di farlo e farlo fare anche in modo pessimo come ha dimostrato l’odiosa faccenda di MPS  – i politici dovrebbero fare i politici e i banchieri i banchieri e possibilmente entrambi dovrebbero fare il loro mestiere responsabilmente –  non prendete in considerazione l’idea di trovare qualcuno che si occupi seriamente delle vostre strategie di comunicazione che in più di un’occasione, anzi in tutte – considerato l’andazzo di questi ultimi tre lustri – sono andate ben oltre il fallimento totale?
Errare, è vero, è umano, ma in politica reiterare gli stessi errori non è diabolico: fa pensare alla volontà scientifica di non volercela fare, perché se “berlusconi mente sapendo di smentire” [cit.Vergassola], il centrosinistra sbaglia con la consapevolezza di non sapere o peggio – per motivi sconosciuti ai diretti interessati e cioè  noi cittadini –  di non voler  poi riparare ai propri errori così come è già successo per la legge sul conflitto di interessi, e se poi la gente pensa male e non si fida più della politica, non è colpa sua. 
La critica non ha mai ammazzato nessuno: la cattiva politica, come abbiamo visto specialmente nell’anno appena passato sì, può anche uccidere, per non parlare di quanto la pessima gestione dello stato  abbia, specialmente dalla ormai tristemente famosa discesa in campo dell’abusivo,  stravolto e deformato  anche e solo l’idea di Italia non tanto paese civile quanto paese NORMALE.

Wile Coyone
Marco Travaglio, 5 febbraio

Nel 2001 il sociologo Alessandro Amadori tentò di insegnare alla sinistra italiana come trattare B.: prenderlo sul serio quando sembra scherzare e ridergli dietro quando sembra fare sul serio. Non servì a nulla: ancor oggi, dopo vent’anni che lo conoscono (o almeno dovrebbero), i nostri strateghi fanno l’opposto. Che è esattamente quello che lui spera che facciano: continuano pervicacemente a cadere sempre nella stessa trappola, come Wile Coyote contro Beep Beep. Il che spiega perché dal ’94 a oggi la sinistra italiana ha seppellito una dozzina di leader o aspiranti tali, mentre lui è sempre lì. Ora tutti a scandalizzarsi per la promessa di restituire l’Imu in contanti. Per carità, è giusto che la libera stampa smonti l’ennesima balla, spiegando che è irrealizzabile non tanto dal punto di vista tecnico (pure l’eurotassa di Prodi fu restituita), ma da quello finanziario (non c’è un euro). Lui intanto ha già estratto un nuovo coniglio dal cilindro: il condono tombale, che è la specialità della casa, anche se lui stesso il 31-3-2008 giurava al corriere. it : “Basta con la stagione dei condoni. La prossima sarà una stagione di forte contrasto all’elusione e all’evasione fiscale”. Ora gli strateghi s’indigneranno e spiegheranno come e qualmente il condono sia dannoso e vergognoso: intanto lui avrà già sparato un’altra decina di cazzate. Perché lui è sempre oltre: ciò che conta è dettare l’agenda e costringere gli altri a inseguire. Quelli che ancora due mesi fa si bevevano la frottola del suo ritiro dalla politica e già trafficavano per offrirgli in cambio un salvacondotto. Quelli che non hanno ancora capito con chi hanno a che fare: sono troppo spocchiosi per imparare qualcosa, persino da lui. È dal ’94 che aspettano di raccattare la vittoria come un diritto acquisito, senza il minimo sforzo. Perciò, diversamente da Grillo e da B., non s’abbassano a fare campagna elettorale: se ne stanno lì a ridacchiare degli altri col naso all’insù, il ditino alzato, la certezza di essere i migliori, il disprezzo per il popolo (non frequentandolo, non lo conoscono). Grillo? Ma dai, si può avere paura di un comico? 
Berlusconi? Ma chi volete che gli dia ancora retta! Montepaschi? Un normale caso di ladri di polli, la sinistra non c’entra, l’ha scritto Scalfari. I talk show? Ma figuriamoci, ormai sono morti, l’ha detto anche Saviano, e poi la tv non sposta voti, l’ha detto anche Battista. La gente capirà, e se non capisce è colpa della gente: vorrà dire che non ci merita. Intanto il Cainano macina ore e ore di tv e di radio, va persino da Platinette, sfida Santoro per certificare la propria esistenza in vita, spolvera sedie e prende a cartellate giornalisti per sembrare simpatico e inoffensivo, butta 20 milioni per Balotelli smentendo di essere alla canna del gas, riabilita il Duce per acchiappare i voti dei fascisti (ce ne sono tanti, purtroppo) e poi dice che l’hanno frainteso per non perdere voti antifascisti (ne ha anche lui, purtroppo). Insomma, come dice Vergassola, mente sapendo di smentire. Dice tutto e il contrario di tutto per prender voti da chi crede a tutto e da chi crede al contrario di tutto. E gli altri giù a ridere, senz’accorgersi che parlano sempre di lui, anche perché di proprio non hanno nulla da dire. Mai un’idea nuova, una promessa spiazzante, una proposta che sparigli la morta gora del déjà vu. 
E molte bugie, anche a sinistra e al centro: ma meno efficaci di quelle di B., che resta il fuoriclasse da battere. Se Bersani farfuglia “con Vendola per sempre”, quando tutti sanno che dopo il voto imbarcherà Monti, Casini e Fini, con che faccia dà del bugiardo a B.? E se Monti promette di ridurre le tasse che lui stesso ha aumentato, dopo aver detto che non si possono ridurre, quando smentisce B. è il bue che dà del cornuto all’asino. Meno male che si vota fra tre settimane. Un altro mese e gli strateghi riuscirebbero a regalargli la maggioranza assoluta.