La destra tutta legge, ordine, patria e galera, ma anche la “sinistra” non scherza

Questo è il tweet nel quale un indignatissimo Alemanno un anno e mezzo fa prometteva o per meglio dire minacciava la querela a Milena Gabanelli e a Report che avevano iniziato ad indagare sui fatti di Mafia Capitale che l’inchiesta Mondo di mezzo ha solo confermato.

Alemanno ha estorto il voto ai romani dopo lo stupro e l’omicidio di Tor Di Quinto con la promessa di rendere la Capitale d’Italia un’isola felice. E’ poi migliorata Roma con lui? Naturalmente no, ma ai poveretti creduloni, agl’imbecilli fascisti che lo votarono è bastato vedere qualche sgombro ogni tanto per pensare che la soluzione fosse quella, che per ripristinare la sicurezza a Roma bastasse cacciare gli “zingari”, ma la criminalità, quella vera, quella che estorce, minaccia, si incista nell’amministrazione politica, quella che un tempo ammazzava senza pietà con alemanno sindaco è perfino aumentata, fino ai livelli che abbiamo scoperto oggi.
Parlando poi di destra tutta legge, ordine, patria e famiglia mi chiedevo come mai casapound non organizza nessun presidio, nessuna protesta per questi motivi.
Quali sono gli interessi e di chi, soprattutto, che sostiene questa banda di fuorilegge, se questo fosse un paese normale, capace di mettersi al fianco di salvini e borghezio per difendere l’Italia dalle invasioni ma che poi è costretta a tacere di fronte all’invasione vera dei delinquenti veri, loro compagni di merende.
Dove sono tutti quelli sempre in prima fila contro il pericolo dell’estensione dei diritti, quelli che difendono la famiglia tradizionale, l’italianità, il crocefisso nelle scuole e il presepio.

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Se Standard & Poor’s ha posizionato l’Italia appena un po’ prima il livello spazzatura e il Censis la dà praticamente per spacciata significa che l’articolo 18 non c’entrava niente.
Significa che le riforme in questo paese non passano per l’abolizione dei diritti e significa che i parametri coi quali le varie agenzie di controllo giudicano l’Italia sono altri.
Ad esempio quella corruzione che porta l’Italia al primo posto in Europa.
Significa che hanno mentito tutti, a cominciare da Napolitano che ha messo fretta alla conclusione del disastro perché sua maestà è stanco e vuole ritirarsi a miglior vita da vivo, che ha mentito la maggior parte dell’informazione che ha abbindolato gli italiani su quanto fossero urgenti e non più rimandabili le cosiddette riforme di Renzi, il quale parla di “sistema che fa schifo” a proposito dell’inchiesta su Mafia Capitale come se fosse un alieno arrivato da chissà quale pianeta ma poi non si è impegnato affatto a contrastare lo schifo che già si conosceva, che senza leggi adeguate non può che peggiorare.
Renzi che parla di sistema che fa schifo è il segretario di quel partito democratico che solo due giorni fa, a scandalo già esploso, ha votato no all’uso delle intercettazioni di Azzollini coinvolto in un’inchiesta per una frode da 150 milioni di euro, altri soldi, tanti soldi, sottratti alle risorse pubbliche.
Renzi che s’indigna e si schifa non prova gli stessi sentimenti, non li ha provati quando ha deciso che berlusconi poteva e doveva sedersi ancora al tavolo delle decisioni, quando ha considerato affidabile uno condannato per frode allo stato già socio in politica con un condannato per mafia e con svariati precedenti che non si sono trasformati in reati solo grazie all’aggiustamento in corsa delle leggi che lo avrebbero permesso, leggi che il governo di Renzi non ha nessuna intenzione di modificare e cancellare. Di conflitto di interessi ormai non si parla più, tutto risolto.
Renzi che parla di schifo per il sistema criminale per mezzo del quale la politica di tutti i colori non si è mangiata solo Roma ma tutta l’Italia, il presente e il futuro di un paese ormai inguardabile da qualsiasi angolazione è lo stesso che stringe la mano e s’intrattiene non per i fatti suoi ma quelli di tutto il paese con un quattro volte rinviato a giudizio, sempre per reati di truffa e corruzione.
E’ lo stesso Renzi delle cene da mille euro per il partito – e chissà chi può spendere mille euro per una cena – e degli ottanta euro per i voti.
Promettere dei soldi in cambio di voti non è forse corruzione?
Sì che lo è, il pd non avrebbe mai ottenuto quel 40,8% [della metà] senza la promessa dell’aiutino in busta paga.
In un paese normale, civile e sano la politica non chiede voti promettendo soldi ma impegnandosi ad eliminare lo schifo, ma è difficile, impossibile poterlo fare se si chiede la collaborazione di chi ha contribuito in larghissima parte a produrlo. Se qualcuno avesse dato retta a Milena Gabanelli che aveva visto giusto nel programma incriminato dall’indagato per mafia Alemanno ci saremmo risparmiati altri due anni di furti, truffe, corruzione e probabilmente, anzi sicuramente pure Renzi. Perché il dramma di questo paese non è solo la criminalità politica, sono poi quelle conseguenze che modificano, stravolgendolo, il corso della storia.
Senza tangentopoli non ci sarebbe mai stato nemmeno berlusconi considerato chissà perché dai superstiti di allora, da quelli che sono riusciti a scampare alle manette l’unico in grado di ridare dignità alla politica, mentre berlusconi non aveva proprio i requisiti minimi per accedere alla politica.
In che modo lo ha fatto, che tipo di dignità ha dato alla politica lo abbiamo visto e lo stiamo ancora subendo, ma evidentemente ancora non basta, ancora dobbiamo sopportare. Per questo dico a Renzi  che gli unici autorizzati a parlare di schifo siamo noi che lo dicevamo molto prima di lui, quando ci accusavano di populismo, demagogia, di essere dei giustizialisti che volevano mettere le manette a tutti.

Mentre noi le volevamo solo per i delinquenti, ad esempio quello che Renzi accoglie, al quale offre ascolto e concede la parola in politica, quello a cui ha ridato una dignità che la stessa legge che Renzi invoca gli aveva invece tolto per manifesta indegnità.
Quello che non gli fa poi così schifo quanto quel sistema che ha contribuito ad edificare.

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NONOSTANTE UN CORNO – Marco Travaglio

C’è un equivoco di fondo. Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto. No. La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale. Le istituzioni hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali. [Paolo Borsellino]

Forse siamo troppo cinici. O forse Saviano non lo è abbastanza. Ma domandarsi – come fa Roberto nel suo commento su Repubblica (clicca qui) – come può la politica “fidarsi ciecamente” di Buzzi & Carminati, il Rosso e il Nero, e a dare loro “massima fiducia, senza chiedere in cambio nessuna trasparenza”, nonostante i loro trascorsi rispettivamente di “assassino e terrorista dei Nar”, è un eccesso di ingenuità. Bisogna rassegnarsi ad abrogare i “nonostante”, i “malgrado” e i “sebbene” dal vocabolario politico.

I pregiudicati siedono a capotavola nei palazzi del potere non “nonostante” i loro precedenti penali, ma proprio per quelli. Così come non sono “deviati” quei settori della politica, dell’amministrazione, dell’imprenditoria, dei servizi segreti, delle forze dell’ordine che lavorano per (o trattano con) la criminalità. Ma quelli che lavorano per lo Stato e ne rispettano le leggi. Se una persona onesta chiede udienza a un potente, deve mettersi in fila, fare lunghissime anticamere, e anche nell’eventualità che venga ricevuta non ottiene quasi mai ciò che chiede: perché non ha nulla da offrire e nulla da tacere. Un delinquente invece viene subito accontentato, spesso prim’ancora di chiedere. Come disse Giuliano Ferrara: “Chi non è ricattabile non può fare politica”. Anche perché, di solito, chi è ricattabile è anche ricattatore. Io so tutto di te, tu sai tutto di me, e facciamo carriera sui nostri rispettivi silenzi.

La nuova legge sul voto di scambio politico-mafioso, sbandierata da Renzi come il colpo di grazia ai collusi, è stata scritta in modo da impedire qualsiasi condanna per voto di scambio. Ma non per un errore: apposta. Così come la legge Severino: si chiama “anticorruzione” ed è stata scritta proprio per salvare B. e Penati dai loro processi per concussione. Ora si scoprirà che il reato di autoriciclaggio, votato l’altroieri dal Parlamento, renderà impossibile la galera per chi ripulisce il bottino dei propri delitti. Giovedì, mentre Renzi annunciava la linea dura contro i corrotti (“una specie di ergastolo, di Daspo”) e spediva il commissario Orfini a bonificare la federazione romana del Pd di cui fa parte da quando aveva i calzoni corti e il commissario Cantone ad annunciare l’ennesima “task force”, il suo partito al Senato votava con FI, Ncd e Lega per respingere la richiesta dei giudici di usare le intercettazioni contro gli inquisiti Azzollini (Ncd) e Papania (Pd). Una svista “nonostante” i sospetti pesanti come macigni che gravano sui due politici? No, una scelta fatta proprio per quei sospetti pesanti come macigni.

Fa quasi tenerezza Luca Odevaine detto lo Sceriffo, che ad aprile vuole farsi un viaggetto negli Usa, ma si vede negare il visto: gli americani hanno scoperto che si chiama Odovaine con la “o” ed è pregiudicato per droga e assegni a vuoto. “Una roba da matti, una cosa assurda, in una democrazia come quella!”, si lamenta. La vocale se l’è fatta cambiare lui all’anagrafe per nascondere i suoi precedenti. Come se questi, in Italia, fossero mai stati un handicap e non facessero invece curriculum: ciò che negli Usa ti impedisce anche l’ingresso per turismo, in Italia basta e avanza per promuoverti vice capo di gabinetto della giunta Veltroni, capo della polizia provinciale della giunta Zingaretti e infine membro del Coordinamento nazionale richiedenti asilo del governo Renzi, naturalmente a libro paga di Mafia Capitale per 5 mila euro al mese. Nonostante i precedenti? No, grazie a quelli, che ti rendono affidabile. Ovviamente la Banda Carminati aveva scelto pure il presidente della Commissione di Controllo Garanzia e Trasparenza e il responsabile della Direzione Trasparenza del Comune di Roma (che, alla Trasparenza, ha non uno ma due addetti): due sceriffi di provata fede, ora indagati per mafia.

Se Marino s’è salvato parzialmente dalla catastrofe non è tanto perché, personalmente, è un onest’uomo: ma soprattutto perché gli assessori se li è scelti quasi tutti da sé, rifiutando quelli che tentava di imporgli il Pd. Sennò Carminati e Buzzi se li ritrovava perlomeno vicesindaci.

Cambiare, si può

Sottotitolo: non c’è niente di più populista della solita retorica d’ordinanza e d’accatto espressa dalla politica e dal presidente vivo e vibrante ogni volta che un aereo militare riporta a casa un morto per la pace. Ipocriti sempre al servizio di qualcuno e che pretendono anche il rispetto per il loro ruolo e per una bandiera che nel corso della storia nessuno di quelli che l’ha rappresentata ha mai esitato a svendere al miglior offerente.

Peggio di Alemanno non c’è nessuno

Antonello Caporale, Il Fatto Quotidiano

Liberiamo Roma

Marino ha votato per Rodotà presidente e NON ha votato la fiducia a Letta. Non scegliere tra lui e Alemanno è follia, un regalo ai fascisti. 
PELLIZZETTI Amministrative: il genius loci inascoltato  DON FARINELLAVotate Marino per fermare fascisti e clericali  GIULIETTI Dieci e più ragioni per scegliere Marino  CATTOLICI DI BASE Appello contro Alemanno
[Micromega]

La scelta di non andare a votare è legittima quanto quella di farlo.

Ho scritto diverse volte perché lo penso che, secondo me, la gente ha tutto il diritto di non andare a votare se la politica non offre un’alternativa il più possibile vicina alle idee di tutti i cittadini e che sappia poi dare risposte concrete.

 I cittadini hanno non solo il diritto ma anche il dovere morale di avercela con la politica quando diventa arrogante, si ammanta di autoreferenzialità non tenendo minimamente conto di quali sono le esigenze, le urgenze, le necessità dei cittadini e davanti a queste mette le sue, la sua sopravvivenza a tutti i costi e, come è accaduto dopo le elezioni nazionali si permette di non considerare le scelte democratiche espresse alle elezioni in virtù di un’emergenza che evidentemente non c’era se a distanza di un mese non è stato reso operativo nessun provvedimento per contrastarla. 

E hanno il diritto e il dovere di avercela anche con lo stato se il suo più alto rappresentante dimostra di non garantire per i cittadini ma esclusivamente per quella politica che è la stessa che ha trascinato questo paese in questa condizione di anormalità antidemocratica e anticostituzionale.

E non è nemmeno vero come pensano e dicono in tanti che chi non va a votare poi non si deve lamentare; quel diritto ce l’ha eccome finché la politica non offrirà una giusta alternativa ma soprattutto quelle risposte che la politica non è tenuta ma OBBLIGATA a dare, ché se un ristorante propone sempre la stessa pietanza, disgustosa peraltro,  il suo proprietario poi non se la può prendere con nessuno oltre a se stesso se il suo locale poi  va in fallimento.

In questo paese non è la politica ad aver stancato la gente ma QUESTA politica, chi lo capisce e lo ha capito, è brav*, chi no, vada a ripassare le lezioni che la politica ha dato, per tacere per decenza di quelli antecedenti,  anche e solo in questi ultimi diciotto anni.

MA

Quando i cittadini hanno la possibilità di sovvertire questo stato di cose e non lo fanno per questioni di orgoglio, di difesa di chissà quale principio, perché pensano che tanto le cose poi non cambiano sono degli irresponsabili, esattamente come quei romani che non sono andati a votare e che non andranno a votare per mandare a casa l’indecente alemanno.

L’alternativa stavolta a Roma c’è,  si chiama Ignazio Marino, che non ha condiviso le scelte del suo partito coi fatti votando Rodotà, dimettendosi da senatore prima di sapere l’esito di queste elezioni e non votando a favore del governo delle larghe intese:  che altro doveva fare per dire alla gente “guardate che io non sono come loro, come tutti?”

Negli anni ottanta Gianni Alemanno era a capo del Fronte della gioventù, organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano. Venti anni dopo, diventato sindaco di Roma, non ha dimenticato nessuno dei suoi vecchi amici camerati, neanche quelli condannati o finiti in galera per pestaggi o atti terroristici durante gli anni di piombo. A loro il primo cittadino della capitale ha riservato cariche politiche, consulenze e posti di tutto rispetto nelle società controllate dal Comune.

[gek60.altervista.org]

Innocente per sentenza, televisiva

Sottotitolo: in un paese dove non c’è tutela per persone fatte e finite, non esiste nemmeno il diritto all’uguaglianza nei fatti come comanda la Costituzione il papa, presentandosi in tutto il suo splendore di papa, pretende la tutela giuridica dell’embrione, ovvero di un’ipotesi di vita, senz’alcuna certezza di trasformarsi in tale.
 E’ cambiato il piazzista ma la merce è sempre la stessa, e anche la politica è sempre la stessa, anzi è perfino peggiorata per motivi di “pacificazione nazionale”, incapace di reagire, e opporsi se occorre, ai “suggerimenti” dell’alto referente di santamadrechiesa come invece si fa nelle democrazie evolute, civili, mature.  

 Il vaticano non ha ancora eliminato dal suo codice penale la pena di morte. Però difendono la vita, loro.

Alemanno ha scelto il giorno della festa della mamma per “protestare” contro la 194, commemorare i feti abortiti: nemmeno Quentin Tarantino e Dario Argento sarebbero arrivati a tanto.  Ipocriti vergognosi, difensori del nulla, indegni abitanti di una società, la nostra, che non può diventare civile per colpa loro.
Ma non si vergogna quella gentaglia che ha accompagnato il sindaco fascista ieri in quella ridicola manifestazione oscurantista, becera,  a polemizzare ancora su una legge che difende e tutela le donne?  mi piacerebbe sapere chi obbliga chi ad abortire, divorziare, mettersi con qualcuno dello stesso sesso se c’è interesse, attrazione e amore, perché una legge deve essere ridiscussa dopo trent’anni e altre invece non si possono fare perché disturbano chi è contrario, in primis gl’invasori d’oltretevere.

Il nuovo papa, quello che ha incantato quasi tutti con la sua semplicità […] propone la raccolta di firme nelle parrocchie italiane contro la legge sull’aborto.
Le leggi civili esistono per tutelare tutti e non certo per obbligare tutti poi a farne uso.
Chi non vuole abortire, non ha la necessità di divorziare né quella di accompagnarsi ad una persona dello stesso sesso può continuare a farlo in assoluta libertà.
Quella libertà che mancherebbe invece alle persone che hanno esigenze di vita diverse, che avrebbero avuto delle difficoltà serie se certe leggi non ci fossero state e che continua a mancare agli omosessuali non ritenuti degni degli stessi diritti di tutti, ancora oggi, nel terzo millennio e in un paese occidentale dove non solo non si fa un passo avanti in fatto di civiltà e di diritti ma si vorrebbero eliminare anche quelli ottenuti faticosamente in altri periodi, quando la voce del popolo veniva ascoltata e non ignorata come adesso.

 

 

IL CAVALIERE SI ASSOLVE IN TV (Concita De Gregorio)

E BERLUSCONI SI VIDEO-ASSOLVE ALLA VIGILIA DELLA REQUISITORIA SU RUBY (Piero Colaprico)

314 traditori dello stato e del popolo italiano votarono in parlamento che Ruby era la nipote di Mubarak, nessuno di loro è stato cacciato con disonore, alcuni di loro oggi sono ministri della repubblica italiana, uno addirittura vicepresidente del consiglio, col beneplacito di Giorgio Napolitano.

 

[Se questo fosse un paese normale] chissà quante cose belle si potrebbero scrivere, raccontare, di un paese che funziona.

Invece, e purtroppo, è solo la solita italietta dove succedono cose impensabili, incredibili e che altrove non verrebbero tollerate e nemmeno giustificate.
Ad esempio [se questo fosse un paese normale] stasera la televisione del servizio pubblico, quello pagato coi soldi dei contribuenti, dovrebbe trasmettere un programma intitolato: “berlusconi: l’anomalia italiana” per fare da contraltare alla spazzatura andata in onda ieri sera su canale 5.
Un programma dove raccontare come e perché è potuto accadere che un intero paese sia stato consegnato ad un impostore, malfattore, delinquente abituale [per sentenza di un giudice e non per le opinioni dei di-vi-si-vi], e provare a spiegare perché non è stato fatto nulla, a danno avvenuto, per fermare l’impostore, malfattore, delinquente abituale.

Perché si fa presto a dire “la gggente lo vota”, la responsabilità storica del berlusconi “politico” non è della gente ma di chi lo ha messo lì perché dopo tangentopoli ha ritenuto che fosse l’unica soluzione possibile, così come in seguito è stato ritenuto necessario, l’unica soluzione possibile, il governo cosiddetto tecnico e così come oggi l’unica soluzione possibile è quella dell’inciucio a cielo aperto.

In tutte e tre le situazioni non c’è entrata e non c’entra la gente che sì, poi vota chi c’è, e con la legge elettorale porcata anche chi non c’è,  ma se berlusconi non ci fosse stato come la legge chiedeva e imponeva lui non ci sarebbe stato. 

In questi ultimi diciotto anni l’Italia ha viaggiato al ritmo del golpe quotidiano, dell’oltraggio reiterato alla Costituzione per compiacere e favorire berlusconi, per permettergli di fare i suoi affari in tutta tranquillità, per evitargli di assumersi le sue responsabilità morali, civili e legali di fronte alla legge e al popolo italiano:  in nessun paese democratico del mondo sarebbe potuto succedere quello che è accaduto qui con la complicità di quasi tutta la politica  e maggiormente di quella stampa e informazione [cosiddette] che ancora oggi minimizzano, règolano, smussano, giustificano invece di fare quello che normalmente fa l’informazione nei paesi normali e civili e cioè il cane da guardia del potere, a maggior ragione di un potere incancrenito nella malattia della disonestà, politica e non, qual è stato e qual è quello italiano.

Pronto Intervento Vaselina
Marco Travaglio, 13 maggio

Ieri il Pronto Intervento Vaselina (PIV) ha avuto il suo daffare per sminuire, minimizzare, indorare, edulcorare, sopire e troncare le scene eversive di sabato a Brescia, dove un noto delinquente condannato a 4 anni per frode fiscale, che è anche il leader del secondo partito di governo, ha arringato una piccola folla di fan esagitati minacciando la magistratura sotto gli occhi estasiati del vicepresidente del Consiglio nonché ministro dell’Interno, del ministro delle Riforme istituzionali e del ministro delle Infrastrutture e Trasporti. Scene che anche in Mozambico avrebbe provocato, nell’ordine: l’intervento del capo dello Stato e del presidente del Consiglio, con immediata revoca delle deleghe ai tre gaglioffi e caduta del governo. Anche perchè la libera stampa non avrebbero dato tregua al premier, per sapere se condivida il gesto dei tre ministri e soprattutto se davvero si sia impegnato con B. a “riformare” la Giustizia e la Consulta come indicato, anzi intimato da B. Fortuna che in Italia, salvo rare eccezioni, la libera stampa non c’è. Ecco dunque all’opera le truppe scelte dei salivatori, vaselinisti, pompieri e anestesisti, addestrati a ingoiare e a far ingoiare qualunque rospo o pantegana, per convincere gli italiani che sabato a Brescia, in fondo, non è successo niente. Anzi, i contestatori devono scusarsi molto col Pdl per i fischi divisivi e gli slogan eversivi. Polito Lindo. Il quotidiano più ardito e marziale, nel descrivere la maschia prestazione di B., non è il Giornale di Sallusti (che si accontenta di un fiacco “Berlusconi: io resto qui”). Ma il Corriere della sera, che titola senz’alcuna virgoletta: “Berlusconi: non mi fermeranno”. 
Così qualcuno penserà che i giudici impegnati nei processi Mediaset e Ruby intendano “fermarlo”.

Il virilissimo titolo è compensato da un editoriale del noto emolliente Antonio Polito, che riesce a scrivere restando serio: “Il discorso di Berlusconi è di forte sostegno al governo, nonostante la sentenza” Mediaset. Il titolo è già tutto un programma: “Il pagliaio”. 
La tesi è che purtroppo la politica italiana è minacciata dal rischio di “altri fuochi”, a causa della troppa “paglia lasciata in eredità dalla seconda Repubblica”. Per cui a mettere a repentaglio le istituzioni non sono gli attacchi eversivi di B. al terzo potere dello Stato, ma fenomeni di autocombustione che, “da entrambe le parti”, potrebbero riattizzare l’incendio.

Abbassiamo alemanno

Sottotitolo: quello di ieri è il gesto disperato di un uomo disperato, non fa parte di nessuna strategia. La solidarietà nei confronti delle vittime è doverosa, non solo per questioni di coscienza civile ma prima di tutto per quelle umane: un uomo rischia di rimanere paralizzato, e siccome “noi” siamo meglio di “loro”, della gran parte delle istituzioni, lo dobbiamo anche dimostrare. Sbaglia chi scrive scemenze a proposito di “mire sbagliate” e chi pensa alla strategia, all’attentato su commissione per creare le basi di periodi già visti e vissuti senz’avere le prove nello stesso modo in cui sbaglia chi accusa ad cazzum Grillo di essere l’ispiratore di nuove forme di terrorismo.

La notizia, e tutto il dramma che contiene, è che per accorgersi – tutti – del disagio sociale è necessario il colpo d’arma da fuoco su una piazza pubblica.
Fino ad un minuto prima il disagio sociale era solo una chiacchiera da ballatoio, da talk show o, tutt’al più, il movente di un suicidio in solitudine.

I commentatori dell’odio

Non c’è nulla di più criminale che indicare un bersaglio per scrollarsi di dosso la propria responsabilità. L’ha fatto persino Gianni Alemanno, il sindaco di Roma, che ha immediatamente intravisto nella scena il risultato della contrapposizione di queste settimane. Meriterebbe, per aver parlato a sproposito, di subìre per contrappasso la pena di stare in silenzio per tutta la campagna elettorale di Roma.

[…]

La politica è chiamata a portare la responsabilità delle sue azioni e non ad affogare in un bla bla. Facciano vedere cosa sanno fare, e noi saremo felici, se le scelte saranno giuste, eque, opportune, di registrarle e prenderne atto. Però si sappia che in questo tempo di pensiero unico, le larghe intese non autorizzano alle larghe scemenze. Parlare di meno, e possibilmente cum grano salis.

E’ vero che, come diceva qualcuno “le parole sono pietre”, ma è anche vero che di parole non è mai morto nessuno.
Quindi io non accetto proprio e per niente il discorso che certa violenza possa scaturire da un uso sconsiderato delle parole, e personalmente considero molto più violento, più di mille parole, anche fossero le peggiori, il fatto che dei fascisti ancora in grande spolvero, ai quali è stato consentito di poter occupare posti istituzionali di rilievo, oggi si permettano di accusare di una cosa gravissima, di un reato qual è l’istigazione alla violenza chi non ha mai mostrato atteggiamenti sopra le righe se non appunto con le parole.
Se la democrazia non accetta violenza allora non dovrebbe nemmeno accettare di farsi rappresentare da chi di violenza si è nutrito, quindi finché anche l’ultimo figlioccio di un regime sanguinario, l’ideologo di una pazzia qual è stata il terrorismo non sarà estromesso dalle istituzioni nessuno, NESSUNO, si dovrebbe permettere di insegnare la nobile arte del dialogo non violento. alemanno, storace, la russa e gasparri con tutto il loro bel passato ‘storico’ invece di tacere e considerarsi dei miracolati ad occupare i posti che hanno conquistato grazie alla nostra bella democrazia che lava meglio della candeggina preferiscono impartire lezioni di bon ton: ecco, questa è per me una violenza insopportabile. 

“Basta inveire contro i palazzi” dice il sindaco fascista: ha ragione, bisogna lasciarli  tutti in pace, liberi di delinquere quanto vogliono e di stuprare leggi e Costituzione quando vogliono. Che sarebbe questa moda della pretesa dell’onestà?  basta, ci dobbiamo rassegnare, se non vogliamo essere considerati gli ispiratori dei gesti violenti.

 Non accetto lezioni di educazione e democrazia applicata alla vita quotidiana da storace,  gasparri,  la russa né da alemanno, e figuriamoci da ministre e ministri assurti al ruolo grazie ad un impostore malfattore al quale, se l’Italia fosse stata una democrazia vera, nessuno avrebbe mai permesso di occupare il parlamento e renderlo simile a quel bivacco di manipoli che tanto piaceva a mussolini, quello che secondo berlusconi “ha fatto anche cose buone”, nonché l’ispiratore delle ideologie di storace,  gasparri, la russa e alemanno, quest’ultimo condannato e arrestato tre volte per reati inerenti proprio all’ordine pubblico.

Abbassiamo i toni, sì e magari per contribuire alla riuscita dell’impresa si potrebbe iniziare col mandare nelle istituzioni  gente che sia davvero degna dell’appellativo di istituzione.
E la gente dovrebbe imparare a non votare chi in gioventù si è reso protagonista di atti violenti spinto da un’ideologia malsana qual è quella fascista.
E in generale dovrebbe imparare a votare solo persone che non abbiano nessun conto da regolare con la legge e la giustizia, quelle che poi possono chiedere ai cittadini di “abbassare i toni”.

Se

Sottotitolo:  domani Alemanno, in previsione delle previsioni [del tempo]  che fa, “chiama esercito?”
Voglio dire, il capo della protezione civile invece di chiedere ai cittadini prudenza e di restare a casa dovrebbe chiedere ai loro datori di lavoro di dire ai dipendenti che possono stare a casa.

Il ministero dell’interno si attivasse e ognuno si prenda le sue responsabilità.
Perché immagino che la giustificazione “me l’ha detto Gabrielli al tiggìuno” non sia sufficiente a far perdere soldi a chi a casa proprio non ci può restare nemmeno se sta male.

Figurarsi quando piove o nevica.
Bisognerebbe un po’ smetterla di delegare sempre tutto al senso di responsabilità dei privati perché il pubblico, quello che dovrebbe garantire sicurezza anche quando piove e nevica non è all’altezza delle situazioni.

E non lo è perché i soldi che si dovrebbero investire  nella sicurezza,  sulla quale proprio Alemanno ha imbastito tutta la sua campagna elettorale coi risultati che sappiamo, vengono spesi poi anche per  i due Suv, la X5 Bmw e la Jeep Cherokee dal “batman” di turno, oltreché per le  famose ostriche e lo champagne.

Primarie, sul web vince Renzi
E contro Berlusconi un milione di no

Ricerca di Reputation Manager per ilfattoquotidiano.it (qui i dati)

  Il sindaco di Firenze “mobilita” 
blog e social network, Bersani presente ma “immobile”.

Stop di massa a un ritorno del Cavaliere

[altre due parole del volpino del Tavoliere  su Renzi e lo fanno presidente della repubblica per direttissima… ]

Se Napolitano avesse usato la stessa pervicacia, la stessa ostinazione coi traditori dello stato, quelli che “ruby è la nipote di mubarak” così come sta facendo con la Magistratura siciliana, se avesse lanciato anche allora un bel conato di monito per dire agli italiani che in parlamento ci sono i traditori dello stato così come praticamente da sei, sette mesi ci annoia praticamente tutti i giorni con la retorica del populismo e delle demagogie;  se un certo giornalismo qualche volta, per una volta, anziché ribadire l’orrendo concetto che “gli italiani hanno quello che si meritano” perché  “sono come chi li rappresenta” [Michele Serra sì, ce l’ho anche con te], così come si è permesso di dire ieri  anche l’ottimo procuratore antimafia Grasso, quello che voleva premiare berlusconi per il suo impegno nella lotta antimafia, dicesse che non siamo noi ad avere quello che ci meritiamo, visto che non abbiamo nemmeno la possibilità di scegliere quello che vogliamo ma è Napolitano a rappresentare e difendere la classe politica che, per disonestà è riuscita a surclassare perfino quella dei tempi di tangentopoli, questo forse sarebbe un paese meno ridicolo. 

Perché omettere e negare si può: ma fino a un certo punto.
Chi porta i  fiorito in regione, i lusi, i belsito a gestire i soldi di tutti nel bel modo che abbiamo saputo,  la gente o il  loro partito?  dunque  finché saranno i partiti a sguinzagliare i loro ascari in ogni dove io non la vorrei più sentire questa storia che abbiamo quello che ci meritiamo.
Possibile che formigoni sia ancora lì? possibile che una democrazia  sana non possa e non sappia costruire una legge  che obblighi formigoni e quelli come lui a dimettersi  senza trattativa visto che da solo non lo fa?
 Se il politico che ruba in galera ci va solo se è l’ultima ruota del carro ma, appena sale di livello si fanno leggi apposite per non mandarcelo,  o come per formigoni, non esecutore materiale di ruberie e malaffare [forse, esiste la presunzione di innocenza ma anche quella di colpevolezza, considerato quel che è successo nel cosiddetto Pirellone] ma comunque responsabile del consiglio regionale e – a cascata – anche dei suoi consiglieri gli si consente di dire  “non me ne vado” la gente non capisce niente.
E non riesce a fare più neanche la semplice distinzione fra onestà e disonestà. 
Responsabilità e irresponsabilità: caratteristiche indispensabili per chiunque voglia fare politica.
Se la bindi, d’alema, fassino, fioroni, per dire i primi quattro che mi vengono in mente quando si tratta di discutere di diritti civili pensano come giovanardi e la binetti che la legge sulla regolarizzazione delle coppie di fatto non s’ha da fare la gente, ancora una volta  non capisce niente.
Si trova senza punti di riferimento, poi è inutile lamentarsi quando arriva il santone, il guru, il buffone a riempire i vuoti di una politica che ha fatto harakiri solo per non aver mai voluto  una semplicissima legge sul conflitto di interessi [che, ricordo, non la vuole la destra per ovvi motivi ma non l’ha mai voluta neanche la sinistra] e per aver permesso ad un abusivo di poter accedere al parlamento malgrado e nonostante ci fosse una legge che dice che non ci doveva andare. 
Hanno fatto tutto da soli e adesso dove lo cercano il colpevole, fra la gente? non si può fare.
Gli italiani devono pretendere e ottenere  una legge elettorale  che consenta anche al delinquente di andare a governare, ma solo se quel delinquente è scelto e voluto dalla maggioranza dei cittadini così come democrazia comanda.

Resistere per esistere

Sottotitolo: In un paese diviso non per pregiudizi ideologici ma per la realtà delle cose, è difficile che la memoria unisca tutti. E forse è un bene che sia così. E’ un bene che quest’anno il 25 aprile a Roma non abbia tra gli ospiti poco desiderati Alemanno e la Polverini. E’ un bene che l’Anpi abbia scelto di non corteggiare alcuna retorica spiegando al sindaco e alla presidente della regione che il giorno della Liberazione è un giorno di scelte: o si sta dalla parte della democrazia e dell’antifascismo o si ammicca ai giovani fascisti di borgata, ai saluti romani di casa Pound, al circo degli amici camerati piazzati a dirigere il sottogoverno della capitale e della regione come vecchi democristiani. (Claudio Fava)

In un Paese così facile da imbrogliare bisogna puntualizzare ogni giorno l’ovvio che NO, NON SI PUÒ ESSERE DEMOCRATICI SENZA ESSERE ANTIFASCISTI. Ogni giorno, ma oggi di più.
(Francesca)

iL 25 Aprile non è la festa di tutti: è la festa degli italiani ANTIFASCISTI.

Puntoebbasta.

Pare che Napolitano non abbia gradito che l’ANPI non ha gradito la presenza del sindaco fascista di Roma e della presidentessa fascista del Lazio alle celebrazioni di oggi. Ecco, se mi posso permettere io non gradisco un presidente della repubblica che tende a fare del 25 aprile un’occasione per esaltare la retorica ipocrita del volemose bene anziché quell’Antifascismo e quella Costituzione che hanno permesso che dei fascisti potessero, ancora oggi, far parte delle istituzioni di una repubblica nata sui valori di una Resistenza Antifascista.

Va benissimo celebrare ed onorare il 25 aprile, anche se, come ha scritto ieri Rita Pani si dovrebbe mettere questa festa in standby fintanto che tutti gli italiani non impareranno a meritarsela di nuovo.
Perché festeggiare la Liberazione dal fascismo significa anche prendere atto che quello fu l’unico momento storico in cui il popolo italiano, dimostrando di essere più forte del suo oppressore ha meritato davvero l’appellativo di SOVRANO.
Ed ecco perché si tende a sminuire il valore e l’importanza di questa giornata, il potere teme che gl’italiani possano avere di nuovo un rigurgito di quella voglia di libertà che ha ispirato i Partigiani.
Anche se la nostra è stata sempre più un surrogato che una vera e completa libertà.
Siamo liberi, oggi, di fare cosa? certo, fuori dalle nostre case non ci sono i bivacchi dei manipoli tanto cari a mussolini, ma nel nostro parlamento i fascisti ci sono, non se ne sono mai andati, mentre invece dopo la triste esperienza del ventennio di fascismo in Italia non si sarebbe più dovuto nemmeno parlare. Il fascismo non è mai stato sconfitto definitivamente.
Siamo liberi di dire che questo e quello non ci piacciono ma non di liberarcene,  che non ci piace questa dittatura soft esercitata in funzione del salvataggio dell’economia, che non ci piace questo regime di democrazia autoritaria dove tutti sembrano andare d’accordo con tutti nascondendosi dietro l’alibi ipocrita del bene del paese.
Quale libertà si dovrebbe festeggiare?
Oggi l’oppressione si esercita in maniera diversa ma i risultati non sono poi così diversi.  Specialmente negli ultimi anni il fascismo è tornato a manifestarsi sempre più prepotentemente  ed è addirittura tornato a governare l’Italia. Per questo motivo è indispensabile un ritorno alla Resistenza, come quella fatta dai nostri nonni più coraggiosi.
Sulla libertà non si deroga, ecco perché il 25 aprile non è e non può essere la festa di tutti: il 25 aprile è la festa degli italiani ANTIFASCISTI.

25 Aprile

Sottotitolo: Chissà come mai l’ANPI non vuole alemanno e polverini alla manifestazione di Roma?  è un mistero, davvero.

C’è da provare schifo e vergogna a vedere ipermercati e centri commerciali aperti il 25 Aprile e 1 Maggio,  il profitto sempre e comunque su tutto il resto fino a soffocare anche l’ultimo residuo di civiltà e coscienza civile.
Quanto ai precari veneti che su questo tema dichiarano: “basta che ci diano da lavorare”, si commentano da sé.
Io purtroppo quei poveracci che lavorano per questi schiavisti del terzo millennio li posso anche capire.

Non ce la possiamo prendere con chi non può rinunciare nemmeno a otto, dieci ore di paga.

E penso che passare il 25 aprile o il 1 maggio a fare shopping sia una cosa semplicemente aberrante, disgustosa.
Ma la colpa come sempre è delle nostre istituzioni RIDICOLE che con la scusa di offrire la libera scelta non permettono che vengano onorate con rispetto  giornate importanti come il 25 aprile e il 1 maggio.
Ecco perché più passa il tempo e meno si capiscono le cose. Semplicemente perché SI VUOLE che non si capiscano le cose. Perché così anche il 25 aprile e il 1 maggio diventano un giorno come un altro.

Lo scorso anno il 25 aprile era pasquetta, e ai fascisti di Roma fu permesso di mettere manifesti in giro per la città per ricordare ai romani che il 25 aprile era – appunto – SOLO pasquetta.

Quest’anno, invece, sempre a Roma,  nei tabelloni appositi del comune, gli Amici del Podestà hanno deciso di celebrare il 25 aprile mediante l’affissione di manifesti con la foto di Pavolini che passa in rassegna le camicie nere repubblichine.

Sotto la foto, abusivamente un verso di Guccini: “gli eroi son tutti giovani e belli”.
Se qualcuno ha dei dubbi sul mancato invito per domani, da parte dell’ANPI, a fascisti non pentiti come alemanno e polverini se li faccia passare e volga un pensiero riconoscente a nostri capi di stato e di governo che, quando, quasi vent’anni fa, nelle istituzioni europee, qualcuno disse che in Italia i fascisti erano al governo, espressero le proteste più vibrate e indignate agli stranieri  “impiccioni” e la piena solidarietà ai fascisti.

Leggevo giorni fa che Sarkozy ha partecipato di recente al funerale di un esponente illustre della Resistenza francese, e la destra francese, quella di Sarkozy, non ha insultato, dileggiato e offeso la memoria dell’eroe come invece hanno fatto qui i rappresentanti più beceri di una destra inguardabile nei confronti di Bentivegna,  Partigiano illustre di questa repubblica sciagurata, morto anche lui pochi giorni fa.
E bene fa l’associazione nazionale dei Partigiani a non gradire, nella manifestazione di Roma,  la presenza dei rappresentanti politici di città e regione che mai hanno preso seriamente le distanze dal fascismo.

Finché ci sarà chi pensa che sia giusto assegnare una pensione statale a chi aiutò i soldati nazisti nel massacro di Sant’Anna di Stazzema o di Marzabotto, finché si crederà che restare al fianco dei ‘camerati tedeschi’ per una ‘questione d’onore’  fosse in quel periodo l’unica cosa giusta da fare, finché si penserà che studiare il periodo più significativo e doloroso della nostra Storia, di quella Resistenza sulla quale l’Italia e la sua Costituzione sono state costruite sia un esercizio inutile e noioso, sarà necessario celebrare con l’onore che gli spetta il 25 Aprile.
Prima che la Storia venga definitivamente  insegnata solo da certi libri infami, da tutti quelli che la rivisitano su ordinazione o dalle fiction di Raiuno e canale 5 opportunamente candeggiate dai veri orrori e dai veri colpevoli.

25 Aprile

La festa del 25 Aprile la sospenderei in attesa di tornare a meritarcela. Son curiosa di sentire che si dirà dai palchi allestiti ormai in sempre meno città, espletate le formalità della posa di corone d’alloro con sindaci fasciati, seguiti da un minuscolo drappello di nostalgici sognatori.
Diranno forse che la storia ci ha insegnato? Che il sangue dei giovani eroi ci ha donato la libertà? Che ci verranno a raccontare, mentre qualcuno oserà sfidare il regime, cantando “Bella Ciao” con tutta la rabbia che ha in corpo?
Non so nemmeno se voglio stare ad ascoltare, non so più se vale la pena piangere lacrime di coccodrillo, mordendo un giorno solo con voracità, per rigettarlo il giorno dopo ancora rincretiniti e intontiti dal presente che non merita il passato.
Perché siamo capaci anche di commemorare i morti della Resistenza, la Liberazione dell’Italia dal regime fascista e poi cedere alla tentazione di sputare sulla democrazia, lasciando che nuovi Messia, e baldi condottieri ci guidino verso la terra promessa, libera dalla “Casta” e dai “Parassiti politici”. Peggio, c’è persino chi è capace di chiamarsi Partigiano, perché divulga via Internet la proposta di “Rivoluzione via Web.”
I Partigiani han fatto la guerra, e sono morti per noi. Non c’è altra storia da raccontare. Forse solo quella della vergogna da provare guardandoci intorno, comprendendo che le macerie che abbiamo lasciato accumulare in questi anni, sono più terrificanti di quelle lasciate da una guerra vera, che dava senso anche alla morte, mentre oggi si muore ugualmente di una morte che nessuno ha voglia di piangere.
Si muore per fame. Così come muore ogni donna o ogni uomo che si uccide perché non vede il futuro, perché non sa più sperare di poter mangiare domani. La fame che sappiamo di non poter saziare, ossia quella di poter tornare ad essere in vita.
Non abbiamo saputo conservare il patrimonio che ci hanno lasciato, abbiamo sperperato la democrazia, fino al punto di avere, domani, il rischio che i fascisti invadano le piazze di qualche città, per le loro contro manifestazioni, per le loro commemorazioni. E ci son luoghi dove fino all’ultimo momento si avrà il timore che questo abominio si possa compiere, con l’avvallo di quelle istituzioni che avrebbero dovuto vigilare, perché questi esseri infami non potessero più nemmeno esistere o respirare.
Buon 25 Aprile a tutti, pare che domani arrivi l’estate a distrarci dall’inverno al quale ormai rischiamo di abituarci, freddi e glaciali come siamo diventati.
Rita Pani (APOLIDE)

Nel Paese dei Balocchi

Queste notizie che arrivano a valanga sui guadagni delle nostre emerite eccellenze italiane che operano nei diversi ambiti della società cosiddetta civile a me hanno messo una tristezza infinita: sapere che un capo della polizia guadagna quanto un banchiere, che la sorella di Alemanno porta a casa lo stesso stipendio di Barak Obama, circa 400.000 euro l’anno (e sarebbe carino che qualcuno ci spiegasse perché, cosa fa di bello, di utile per la società la sorella di Alemanno) e che la ministra Severino che due giorni fa si vantava di avere quello che ha perché è stata brava, PIU’ brava degli altri e delle altre abita in una villa sfarzosa intestata ad una società fittizia comportandosi quindi né più né meno nello stesso modo che dovrebbe invece contrastare a me ha fatto venire conati di vomito e per nulla sobrii.

Io sono assolutamente convinta che non ci sia lavoro che possa giustificare certe cifre, un capo della polizia che guadagna quasi un miliardo e mezzo delle vecchie lire all’anno dovrebbe stare al comando della polizia di stato più efficiente, funzionale  e prestigiosa  al mondo, non di poveri funzionari dello stato costretti a lavorare in condizioni impossibili che non hanno nemmeno i soldi per mettere la benzina in  auto di servizio ridotte ai minimi termini e ai quali manca, nei fatti,  la possibilità di svolgere un servizio davvero utile.

Vorrei capire in base a quali tabelle stipendiali il commissario Manganelli può guadagnare queste cifre: è un funzionario che ha fatto carriera, bene, benissimo.

Una volta era un tenente, o un agente: cosa è successo nel frattempo  perché si passasse dalla carriera nello stato al feudalesimo?
E noi una patrimoniale, cioè una legge che stabilisca che chi ha di più perché è stato magari più bravo, più fortunato o semplicemente più disonesto di altri dovrebbe contribuire di più al risanamento del bilancio di uno stato specie quando quello stato  rischia  il fallimento la volevamo da questa gente qui,  incapace di rinunciare ad uno solo dei privilegi ottenuti per il solo fatto di essere italiana?

Ieri mattina a “Tuttalacittàneparla”, su Radio3, si parlava delle cospicue entrate dei nostri ottimi  e sobrii ministri.
Grande attenzione per le dichiarazioni  di Sgarbi mescolate come al solito da abbondanti dosi di ptialina, che sosteneva che la ricchezza è segno di merito e fatica, e poi, siccome ci si pagano le tasse arricchisce il mondo. Bella questa teoria secondo la quale il merito viene utilizzato come strumento per giustificare le  ricchezze mentre non si fa altrettanto quando c’è da distribuire lavoro ai numerosi talenti sconosciuti. Quelli costretti a scappare da questo paese o a restare precari a vita e dei quali  non avremo mai la possibilità di apprezzarne le capacità se nei posti che contano restano – a vita –  le solite cariatidi ingorde.

 Sgarbi, bisogna capirlo poverino,  dice la stessa cosa che sostenevano Ronald (Reagan) e Maggie (Tatcher, la Iron Lady),  dalla cui geniale teoria economica viene la crisi in cui tutta Europa man mano  è caduta.
Interessantissima l’osservazione, fatta da uno degli ospiti, che trent’anni fa il parlamentare più ricco era Carli, con l’equivalente di 700.000 euro.

Ora starebbe dopo il quarantesimo posto.

Si è naturalmente parlato anche di qual era lo stipendio di  Vittorio Valletta che fu manager della Fiat degli anni d’oro,  paragonato a quello dei suoi operai, e dello stesso rapporto per Marchionne che non voglio citare per decenza.

Poche parole però sul fatto che i guadagni maggiori  di queste nostre costosissime eccellenze – che spesso possono svolgere più di una  professione contemporaneamente senza essere accusati di frodare lo stato come accade ad un semplice cittadino che voglia semplicemente arrotondare il suo stipendio ma non ha la possibilità di regolarizzare anche un eventuale secondo lavoro – non sono il frutto di attività produttive, ma provengono unicamente da consulenze, perizie, avvocature, e tutto ciò che fanno è  legato perlopiù al fantastico mondo della finanza alta.
Gente dunque che non lavora per il bene della collettività ma solo ed esclusivamente per se stessa medesima e per i suoi eguali.

Ci sono o non ci sono forti incongruenze e diseguaglianze, quelle che poi iniettano veleno nelle vene di chi si deve inventare una vita tutti i giorni e che vengono considerate, classificate,  semplice qualunquismo populista da chi deve difendere a tutti i costi anche la merda e per questo dice e pretende di convincere poi anche gli altri che profuma di Chanel numero 5?

Nei paesi civili, nelle vere democrazie si può fare una cosa e basta, a pagamento, chi ne vuole fare di più deve accontentarsi di UNO stipendio e del prestigio ottenuto dalle altre attività: gente per esempio  come Montezemolo, Abete, altrove non potrebbe fare quello che fa.

La finanza distrugge l’economia, per l’arricchimento spropositato di pochi e l’impoverimento generale, e genera crisi a ripetizione da almeno un decennio: adesso l’unico modo di uscirne, secondo autorevoli esperti, è lasciare che i ricchi si arricchiscano sempre di più superando la protezione sociale che è stata conquistata in secoli di battaglie. Così, senza colpo ferire. Ma ad ogni azione corrisponde una reazione di eguale forza: al precariato e alla corruzione è corrisposta la perdita di autorevolezza dei partiti, che secondo sondaggi che giravano qualche giorno fa si aggira sul 4%. E’ il fallimento della rappresentanza, quella basata sulla fiducia, e significa che chiunque oggi prevede di dover tutelare i propri diritti da solo, senza mediazione. Molto, molto pericoloso. Chi creda fermamente nella politica, nella trattativa, nel compromesso e nel tessere reti di interessi condivisi probabilmente dovrebbe allarmarsi almeno un pochino. Io sono MOLTO preoccupata.



Diceva Sebastian Matta: “i ricchi costano. Un paese che voglia averne, deve essere disposto a fare molti sacrifici”.

Monti ha detto NO

 Monti ha fatto benissimo a dire NO alle Olimpiadi di Roma.
Ora aspettiamo lo stesso  NO agli F35,  alla TAV,  alla Gronda, all’Expò…eccetera, eccetera.

  Monti boccia le Olimpiadi di Roma
‘Non rischiamo il denaro dei cittadini’

A me delle olimpiadi non frega nulla, ma nullanulla, epperò perché le Olimpiadi secondo l’esimio dott. prof. S.E. il sobrissimo che fa benissimo nonché presidente del consiglio Mario Monti sarebbero tutta questa robina qui e la TAV (per esempio eh?), no?

«Non vogliamo che chi governerà l’Italia nei prossimi anni si trovi in una situazione di difficoltà», ha aggiunto Monti. «Non vogliamo che la situazione possa essere compromessa da improvvisi dubbi circa la finalità di risanamento finanziario del Paese». Di una cosa è sicuro il presidente del Consiglio: «L’Italia non deve rinunciare ad avere mete ambiziose, il nostro governo è concentrato anche sulla crescita, ma in questo momento non pensiamo che sarebbe coerente impegnare l’Italia in questo impegno finanziario che potrebbe mettere a rischio denaro dei contribuenti».

Bisognerebbe smetterla di pensare che le olimpiadi, i mondiali di calcio e ogni grande evento sportivo e non siano l’occasione per dare prestigio ad una città.

Succede altrove forse, ma non Italia.

Perché sappiamo benissimo chi guadagnerebbe dall’enorme movimento di soldi che le gare di appalto spostano e che lievitano di minuto in minuto per far arricchire le solite cricche di delinquenti.

A me il prestigio interesserebbe averlo per le cose importanti e durature: strade e marciapiedi senza buche, asili, scuole, ospedali meno fatiscenti di quelli che si vedono in ogni città italiana, una metropolitana che funzioni, una rete di mezzi pubblici che sia degna di una Capitale del mondo, oltreché d’Italia. Il prestigio dei tutti i giorni insomma, quello che fa funzionare le cose come devono, non quello di una volta “ogni morte di papa”.

E sarebbe bastato  vedere – appunto –  da chi è composto il comitato promotore per le Olimpiadi a Roma per rendersi conto che far organizzare qualcosa a questa gente qui sarebbe stata una follia, il presidente ONORARIO, è Gianni Letta, e, a cascata Pescante, Alemanno: gente di cui sappiamo non tutto ma abbastanza per capire che non sono adatti nemmeno per custodirci la gabbia dei canarini.
Però le motivazioni del NO di Monti se non facessero pena farebbero ridere.
Il metro di giudizio non può essere Monti che dice no ad alemanno e giù,  tutti a dirgli bravo.

Il metro dovrebbe essere, doveva essere  quello della riflessione su tutto quell’altro a cui Monti non ha detto e non dice no per gli stessi motivi per i quali ha detto NO alle Olimpiadi. Dai privilegi mantenuti alla Tav che invece si farà passando per i caccia da guerra che invece si compreranno sennò l’ammiraglio s’incazza. Per dire soltanto le prime tre cose che mi sono venute in mente.

Il presidente del consiglio non  si può ricordare di essere morigerato solo per quello che vuole lui. Perché anche la Tav e gli aereoplani da guerra significano  soldi, molti,  buttati e in più finalizzati a produrre solo danni, dunque addurre motivi finanziari e di risparmio in previsione dello stesso futuro di cui questo governo sta dissolvendo anche e solo l’immagine  mi sembra solo  una gigantesca presa per il culo.

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Viva la Quaresima (ma chi è davvero GIANNI LETTA?) – di Marco Travaglio, 15 febbraio

Ci sono diversi modi per ricordare il ventennale di Mani Pulite.

I partiti commemorano l’anniversario offrendo ogni giorno qualche
ladro alle manette (ieri è toccato all’Umbria). Il Comune di Firenze
discute di una via da dedicare a Bottino Craxi.

Il Tribunale di Torino condanna a 16 anni due potentissimi dirigenti dell’Eternit.

E il governo Monti decide che l’Italia, per com’è messa, non può
permettersi le Olimpiadi a Roma nel 2020: uno scherzetto da 5
miliardi, destinati, secondo le prassi italiote, a diventare 15 o 20.
Se ne riparlerà un’altra volta, se e quando avremo una classe
dirigente capace e onesta. Cioè chissà quando.

Quest’anno niente Carnevale: si passa subito alla Quaresima.

Finalmente una decisione saggia e sobria, tanto più meritoria quanto
possenti erano le pressioni del partito trasversale del magnamagna
(cioè di tutti i grandi partiti e delle retrostanti cricche).
Forse, fra qualche mese o anno, salteranno fuori le intercettazioni di questo o quel magnager o prenditore con questo o quel politico per garantirsi, fra una risata e un furto, appalti milionari, magari da
affidare alla Protezione civile con la scusa dell’urgenza e da
assegnare, come ai bei tempi dei bertoladri, a trattativa privata,
brevi manu, senza controlli della Corte dei Conti, tutto in famiglia,
in cambio di favori, mazzette, massaggi alla cervicale e anche un po’
più in giù.

I protagonisti della politica e dell’impresa sono sempre gli stessi.
Quelli che hanno scavato un debito pubblico da 2 mila miliardi di
euro.

Quelli che hanno portato i costi dell’alta velocità ferroviaria al
record europeo (da 20,3 a 96,4 milioni a km, a seconda delle tratte,
contro i 10,2 della Francia e i 9,8 della Spagna).

Quelli che ancora tre anni fa moltiplicavano la spesa per il G8
fantasma della Maddalena (poi spostato all’Aquila): dal preventivo di 295 milioni al conto finale di 476 (e meno male che scattarono le
manette, altrimenti si sarebbe arrivati a 594 milioni).

Quelli che rubavano pure sulle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità
d’Italia (solo per il Parco della musica a Firenze, i costi
lievitarono dagli iniziali 80 milioni a 236).

Il grande protettore del sistema Bertolaso era Gianni Letta.

Bene, sapete chi è il presidente onorario del Comitato promotore di
Roma 2020, a braccetto col sindaco Alemanno, quello che non distingue
la neve dalla pioggia? Gianni Letta.

Il presidente effettivo invece è un altro giovine virgulto della
politica e dello sport: Mario Pescante. Letta e Pescante, due nomi due garanzie.

Letta, nel 1980, incassò 1 miliardo e mezzo di lire dai fondi neri
dell’Iri e nel 1993 confessò a Di Pietro di aver pagato una mazzetta
Fininvest di 70 milioni di lire al segretario del Psdi Antonio
Cariglia (“La somma fu da me introdotta in una busta e consegnata
tramite fattorino”): si salvò per amnistia.

Poi sponsorizzò galantuomini come Guarguaglini, Pollari e
naturalmente Bertolaso.

Chi meglio di lui per garantire trasparenza negli appalti olimpici?

L’ottimo Pescante, nato ad Avezzano come Letta, fu ai vertici del Coni ai tempi dei mondiali di Italia 90 e delle spese folli per gli stadi:
memorabile la ristrutturazione dell’Olimpico di Roma, costata quanto due o tre stadi nuovi (preventivo 80 miliardi, spesa finale 206).

Poi  dovette dimettersi da presidente del Coni per lo scandalo del
doping nel calcio: il pm Guariniello scoprì che il cosiddetto
“laboratorio antidoping” dell’Acquacetosa cercava tutto fuorché il
doping: le provette con le urine degli atleti venivano gettate anzichè
analizzate. Il laboratorio truffa fu chiuso dal Comitato olimpico
internazionale e l’antidoping affidato a laboratori esteri, che
guardacaso scoprirono un sacco di italiani dopati.
Già vicino ai Ds, Pescante si riciclò prontamente come deputato di An e sottosegretario allo Sport, poi vicepresidente del Cio e numero uno delle Olimpiadi di Roma 2020. Che, per fortuna, resteranno un sogno.

Anzi, un incubo.

Alemanno, sindaco a sua insaputa

In un paese normale il sindaco di una città colpita da un’emergenza sarebbe concentrato sul suo lavoro, andrebbe in giro a verificare di persona come procedono i lavori per ristabilire al più presto la normalità e per restituire alla gente una città che sia degna dell’appellativo di Capitale.
In Italia, nella fattispecie a Roma, abbiamo un emerito incapace che negli ultimi quattro giorni ha partecipato e sta partecipando (presumo perché lo invitano) a tutte le trasmissioni televisive, è sempre al fianco dell’inviata di turno in tutti i telegiornali. Rivolgo un’accorata richiesta a tutte le reti televisive/informative (di cielo, di mare, di terra e di aria… ): fatemi una cortesia, non lo chiamate più, lasciatelo lavorare, anzi, mandatecelo, a lavorare.
Ché s’è fatta quell’ora.

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E SU TWITTER L’IRONIA SU ALEMANNO: “ABBANDONATE LA CITTA'”

E’ nevicato a sua insaputa, piove, a sua insaputa, Alemanno probabilmente è anche sindaco, a sua insaputa, ed è anche molto sfortunato perché non trova mai nessuno che gli dica con esattezza che tempo farà in modo tale da permettergli di organizzare le contromisure per le varie emergenze che si dovranno fronteggiare.

Ad ottobre, quando Roma annegò sotto 76 centimetri d’acqua il cosiddetto sindaco si lamentò di “non essere stato avvertito che sarebbe piovuto”.  E non pioveva da sei, sette mesi. Ieri si è molto arrabbiato perché nessun previsore del tempo gli  aveva detto che invece di dieci centimetri di neve ne sono calati, invece, cinquanta e più.

E allora significa che la scienza non lo soddisfa, lui non vuole
qualcuno che preveda ma una persona che dica con esattezza quello che succederà: quindi basta occuparsi di oroscopi, corna e amori difficili, il futuro della chiromanzia sono le previsioni del tempo, per informare, e in tempo utile, specificamente Alemanno.

Io posso anche comprendere l’eccezionalità dell’evento e anche che una città dove nevica ogni quarant’anni non si possa organizzare come Stoccolma e Oslo, a Roma c’è la neve davvero ogni 25, 30 anni: vogliamo attrezzarla a città svedese per due giorni ogni 25 anni? si può fare (magari con un altro sindaco), ma poi non lamentiamoci dei costi.

Io, coi miei soldi preferirei finanziare gli asili che servono tutti i giorni,  le scuole che servono tutti i giorni, così come gli ospedali e una rete di mezzi pubblici che sia degna di una città come Roma (dopo aver visto la puntata di stasera di Presa diretta bisognerebbe andare a prendere tutti i sindaci di Roma diciamo degli ultimi quindici, vent’anni e sputargli in faccia, uno per uno. Mica uno sì e uno no. Uno scempio reiterato e continuato coronato con la gestione della città medaglia d’oro alla Resistenza, la capitale d’Italia, affidata ad un fascista con l’aggravante di essere pure un incapace totale. Sono soddisfazioni. 
Tremo al pensiero del candidato che proporrà il piddì per le prossime elezioni).

E gradirei che  il sindaco di una grande città, della Capitale d’Italia non se la prendesse con Giove Pluvio, Eolo e il destino infame solo perché non è capace di prendersi le sue responsabilità di primo cittadino, né – soprattutto – che se la cavi chiedendo ai romani di fare da soli mettendo loro a disposizione le pale per ripulire la città.

Poi, che ci sia anche un sacco di gente idiota che non sa comportarsi civilmente evitando quando può di andare ad appesantire una situazione già difficile è un’altra storia:  tutti quelli che nonostante gli avvisi, le avvertenze, le ordinanze comunali che chiudono uffici e scuole (anche se parzialmente come ha fatto capitan Alemanno) perché c’è un’emergenza insolita in corso che una città come Roma non è abituata a sopportare e quindi ad affrontare, nonostante chi mette in guardia circa il pericolo di avventurarsi sulle strade in automobile avevano veramente la necessità di uscire di casa? non c’era davvero nessuno che poteva evitare, prendersi un giorno di permesso dal lavoro, tenere i figli a casa, farsi una piccola scorta di cibo in anticipo? lo sport preferito degli italiani dopo il cazzeggio è seguire le previsioni del tempo. Non lo dovrebbe nemmeno dire un sindaco cosa si deve fare dopo che per settimane giornali, telegiornali, siti internet hanno fatto una vera opera di terrorismo mediatico circa le condizioni climatiche.
Sarebbe bastato semplicemente affacciarsi dalle finestre per capirlo.

Belviso, un vice-sindaco in attesa di disgelo

SVEVA BELVISO è fantastica, davvero, una vicesindaco
impagabile. Impegnata in attività produttive quali destinare
angoli di cimitero alla sepoltura degli ovuli fecondati, ieri ha
affiancato il suo diretto superiore, Alè-manno, nel duro
compito di tamponare l’emergenza neve. Non ha messo in
campo né mezzi spargi sale, né spazza neve, non ha fatto
cambiare per tempo le gomme a tutti gli autobus, non ha
distribuito catene ad automobilisti che, vivendo in una città
dove nevica ogni dieci anni, o hanno un cottage a Cortina, o
non si vede perché debbano comprarsele. Mentre il suo
sindaco non faceva un c…, ella non faceva un c… al suo
fianco. Ma, alla fine della giornata, ha voluto dare un
contributo personale, far sentire ai cittadini barricati in casa,
bloccati in macchina, congelati sui treni o costretti a piedi,
rischiando tibie e femori per tornare a casa, una parola di
verità e speranza: “Roma sta reggendo la prova neve”, ha
detto, mentre cadevano 70 alberi. Poi, quando l’hanno
avvisata che si erano formati 280 chilometri di code, ha
aggiunto: “Tranne i problemi di traffico”. Santa subito? Magari
no, magari aspettiamo il disgelo.

Lidia Ravera – Il Fatto quotidiano 05.02.2011