Semel in anno licet insanire [una volta l’anno è lecito impazzire]

Le belle parole senza le azioni a seguirle, significano solo ipocrisia.

Non c’è pace senza giustizia,  e in un paese dove lo stato tratta, patteggia, riduce le pene ai criminali, li fa sedere perfino al tavolo della politica, non li condanna ma se li tiene da conto, non potrà mai esserci né pace né giustizia. E nemmeno libertà.

***

Capaci di memoria | 23 maggio 1992 – 23 maggio 2014

“Giovanni Falcone è “attuale” al cospetto di un capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che mise nel tritacarne mediatico e istituzionale, senza tradire il benché minimo rossore, un pugno di magistrati palermitani che avevano deciso – prima coordinati da Antonio Ingroia, poi da Nino Di Matteo – di raccogliere il meglio dell’eredità falconiana indagando sulla “trattativa” Stato-Mafia. Giovanni Falcone resta “attuale” in un Paese in cui, un capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha preteso e ottenuto che le sue telefonate con l’indagato Mancino Nicola fossero mandate al macero”.

***

Chi piagnucola davanti ai ragazzi della nave della legalità è lo stesso presidente che si dimenticò di dare un sostegno anche e solo di parole a Nino Di Matteo, giudice antimafia minacciato di morte dalla mafia? 
Lo stesso che nel ventennale della strage di Capaci disse che “lo stato vent’anni fa non si lasciò intimidire” mentre nel governo c’era l’amico dei mandanti delle stragi di mafia? Lo stesso che si rifiuta di collaborare al processo sulla trattativa tutt’altro che presunta fra la mafia e lo stato? E alfano, incredibilmente e ancora ministro dell’interno che parla di legalità è lo stesso che ha sostenuto, e lo fa ancora, non fatevi ingannare dalle apparenze, l’amico dei mafiosi, di dell’utri, dell’eroe mangano? E Renzi, attuale presidente del consiglio, quello che dice ad altri “giù le mani da Berlinguer”, come se lui invece ce le potesse mettere, è lo stesso che ha fatto accordi in profonda sintonia con l’amico della mafia? È questo lo stato forte che non si lascia intimidire e combatte la mafia, l’illegalità? 

***

“Giovanni, amore mio sei la cosa più bella della mia vita. Sarai sempre dentro di me, come io spero di rimanere viva nel tuo cuore. Francesca” [Biglietto di Francesca Morvillo a Giovanni Falcone, ritrovato nella cancelleria del Tribunale di Palermo]

Povero Giovanni, tradito e insultato da vivo e da morto. Da morto per lo stato, per questo stato.

Quel paese ridicolo che è l’Italia

Giusto per non dimenticare che, a due giorni dall’anniversario della strage di Capaci qualcuno in parlamento ha pensato ad una legge per tutelare i mafiosi e non le vittime. Questo, evidentemente, fa sempre parte del pacchetto di pacificazione nazionale, di quella lotta antimafia di cui in questo paese si sente molto parlare finché la mafia non va a toccare qualche “eccellenza”, o per meglio dire l’eccellenza si fa toccare volentieri dalla mafia, qualche senatore, a vita e non, un ex presidente del consiglio che con la mafia non solo ha avuto molto a che fare ma se la teneva pure in casa nella persona dell’ “eroe” vittorio mangano, quello che gli metteva le bombe sul cancello di casa “per affetto, simpaticamente”. I nostri combattenti antimafia, quelli che poi in parlamento votano no all’arresto di un fiancheggiatore della camorra e si tengono ancora uno condannato per concorso esterno e lo chiamano senatore. Ecco, per capire che quelli circondati siamo noi che a queste porcherie non ci possiamo ribellare, non possiamo nemmeno dire che non ci piacciono senza essere accusati di istigazione all’odio.

Una busta con dei proiettili è stata recapitata, proprio oggi, poco fa, al pm Ilda Boccassini, nota fomentatrice di odio e di razzismo.

Donna avvisata, mezza salvata.

 

 

 

E no. Non dimentichiamo. Ci esploderà il cervello prima o poi, a furia di riempirlo coi ricordi.

Preambolo: la mia sensazione che a Don Gallo abbiano voluto bene più gli atei, i laici, che molti cattolici.

Monti: “Ineleggibilità Berlusconi?
Ridicolo applicarla dopo 8 elezioni”

Anche il prof sobrio, l’eminenza grigia che avrebbe dovuto salvare l’Italia dalla catastrofe, ci fa sapere che sarebbe ridicolo applicare l’ineleggibilità di berlusconi dopo otto elezioni e che l’esclusione di b dalla politica “renderebbe ridicola l’Italia”.
Strano, perché a me e non solo a me pare che l’Italia sia stata ridicolizzata agli occhi del mondo proprio e da quando è stato permesso a b di entrare in politica da ABUSIVO e di poterci restare malgrado e nonostante i suoi reati, i suoi scandali e tutto quel pessimo che ha caratterizzato la sua attività “politica”.
Quello che non è solo ridicolo ma che va contro ogni regola democratica e costituzionale è aver favorito l’impostore  e non aver applicato per tempo una legge che avrebbe riparato l’Italia da berlusconi.
Fu proprio Monti a parlare di berlusconi definendolo un cialtrone, questo suo giudizio ultimo cos’è, uno dei risultati della famosa pacificazione nazionale?

 Usare ancora la balla della legittimazione del popolo a proposito dell’ineleggibilità di berlusconi è semplicemente rivoltante: berlusconi, in questo paese di smemorati, opportunisti, ignoranti storicamente e non troverebbe qualcuno che lo vota anche se commettesse un omicidio in diretta televisiva, perché quei qualcuno probabilmente penserebbero che per non votarlo più ci vuole un motivo ancora più grave dell’omicidio. 
E da questa spirale perversa non si uscirà mai finché berlusconi non verrà buttato fuori dal parlamento  perché lo dice la legge, e non lasciato dov’è perché lo decide una percentuale di italiani imbecilli ai quali ancora certe dimostrazioni di chi è la persona berlusconi non sono bastate.

Nanucapione
di Marco Travaglio, 23 maggio

La scena ricorda quelle dei film di Er Monnezza. Esterno notte, strada buia alla periferia di Roma illuminata dai fuocherelli delle mignotte. Ne arriva una nuova e viene subito scacciata dalle veterane: “‘Abbella, qua ce stamo noi, questa è zona nostra”. E la novizia deve sloggiare. È quel che sostengono anche i servi di B. sparsi nel Pdl, nel Pd e sui giornali, impegnatissimi a difendere la sua permanenza abusiva in Parlamento col decisivo argomento che lui sta lì da vent’anni, non importa se illegalmente in base alla legge 361 del 1957: quella è zona sua. È una nuova versione di quella che in diritto si chiama “usucapione”: se uno s’impossessa di un bene non suo, dopo vent’anni ne diventa proprietario. Ora, siccome dal ’94 centrodestra e centrosinistra si sono dati il cambio nel dichiararlo eleggibile anche se non lo era, B. dopo vent’anni ha acquisito il seggio per nanucapione. Michele Ainis, giurista, riconosce sul Corriere che in effetti la legge “proibisce l’elezione dei titolari di concessioni (come le frequenze tv) da parte dello Stato” e la ragione è “evidente anche a un bambino: disinnescare i conflitti d’interesse”. Quindi B. vende le tv o lascia il Senato? Eh no, troppo semplice: visto che dal ’94 “ha prevalso un’interpretazione formale o formalistica” (i nuovi sinonimi di “illegale”), può restare lì in eterno: “C’è un che di fanciullesco nella pretesa di riscrivere il passato usando la legge come una macchina del tempo… Dicono i 5Stelle: su B. fin qui avete sbagliato, perché mai perseverare nell’errore? Risposta: perché nel diritto parlamentare ogni errore reiterato si trasforma in verità”. Errare è umano, perseverare è legge. Solennissima corbelleria: da anni le Camere immunizzano i propri membri dai processi per diffamazione con la scusa dell’insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare nell’esercizio delle funzioni; ma non si contano le sentenze della Consulta che ribaltano quei voti fuorilegge e autorizzano i giudici a procedere. Ma per i giuristi alla Ainis il rispetto delle leggi dello Stato non è un valore: è una bizzarra pretesa dei 5Stelle. I quali, appena arrivati, sono ancora dei ragazzini. Ma si spera che diventino presto uomini di mondo. Come diceva Giolitti, la legge per i nemici si applica e per gli amici si interpreta. Anzi, si viola. Con l’ulteriore complicazione che qui amici e nemici si son sempre messi d’accordo per un piatto di lenticchie. Memorabile il titolo di Repubblica sul Pd, che ancora due mesi fa giurava con Bersani, Zanda e Migliavacca che avrebbe votato per l’ineleggibilità di B., e ora ha cambiato idea (o più probabilmente mentiva due mesi fa): “La rassegnazione dei democratici: ‘Impossibile far decadere Silvio'”. Ecco, non è colpa loro, ma di misteriosi fattori esogeni: le avverse condizioni metereologiche? Malèfici influssi extraterrestri? E par di vederli i poveri democratici, incolpevoli di tutto, mentre guardano “rassegnati” i democratici che corrono a salvare B. un’altra volta. Violante detta la linea: “Per 3-4 volte abbiamo votato per l’eleggibilità. Se non ci sono fatti nuovi non vedo perché dovremmo cambiare questa scelta”. Lui è sempre a disposizione: quando B. chiama, scatta in automatico il Pronto Intervento Violante. Dovrebbero dotarlo di sirena e lampeggiante, per evitare che resti impigliato nel traffico e arrivi in ritardo. Oppure, visto che Ghedini e Longo ultimamente lasciano un po’ a desiderare, nominarlo avvocato difensore di B. ad honorem . Anche perché ha già figliato una nidiata di violantini. Per esempio Doris Lo Moro, che sarebbe pure un magistrato: “Quella del 1957 è una norma evanescente perché il ’57 è secoli fa”. Anche le leggi, come i reati, cadono in prescrizione dopo un po’. Se la gentile signora Lo Moro ci dice dopo quanti anni, è fatta. Il furto, per esempio, è punito almeno da quando Mosè scese dal monte Sinai con le tavole della legge. Millenni fa. Se anche il settimo comandamento è evanescente, ci divertiamo.

Vent’anni, e sembra ieri. Anzi, oggi.

 Sottotitolo: La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di cosa nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.
[Giovanni Falcone]

Non c’è stato uomo in Italia che ha accumulato nella sua vita più sconfitte di Falcone: bocciato come consigliere istruttore, bocciato come procuratore di Palermo, bocciato come candidato al CSM e sarebbe stato bocciato anche come procuratore nazionale antimafia se non fosse stato ucciso. Eppure ogni anno si celebra l’esistenza di Giovanni come fosse stata premiata da pubblici riconoscimenti o apprezzata nella sua eccellenza. Un altro paradosso.

Non c’è stato uomo la cui fiducia e amicizia è stata tradita con più determinazione e malignità.
[Ilda Boccassini]

Se il ricordo non viene accompagnato con l’azione, quel ricordo non serve a niente. Il fratello di Francesca Morvillo dice che le cose non sono cambiate poi tanto, rispetto a vent’anni fa, e io sono d’accordo con lui. Mi permetto di aggiungere solo che secondo me, sono perfino peggiorate. In questi vent’anni trascorsi dalle stragi di Capaci e via D’Amelio è stato permesso ad un uomo solo, ad un delinquente amico della mafia supportato dai suoi servi idioti e criminali di fare carta straccia di regole, leggi, della Costituzione, di insultare i guardiani della Legge e della legalità praticamente tutti i giorni: “pazzi, antropologicamente diversi dalla razza umana, se fossero persone normali farebbero un altro mestiere, cancro, metastasi”. Insulti pesantissimi per i quali stranamente non si è levato nessun “conato di monito” di un presidente della repubblica che, al contrario in più di qualche occasione ha bacchettato giudici e magistrati accusandoli di protagonismo.
E, mentre succedeva tutto questo sono state confezionate leggi a protezione di delinquenti, corruttori e mafiosi che sono state l’ennesimo schiaffo all’onestà e ai cadaveri di tutti coloro che hanno pagato con la vita il loro tentativo di opporsi alla logica mafiosa.
La cosa che più di tutte faceva male a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino era che lo  stato, le istituzioni che avrebbero dovuto proteggerli  e tutelare il loro operato li avessero invece abbandonati.
Oggi accade ancora, succede che Antonio Ingroia che la mafia la combatte con la stessa energia di Falcone e Borsellino venga invece considerato uno “sbagliato”  che fa politica solo perché si è permesso di dire che è un Partigiano della Costituzione: di questi tempi praticamente un eversore, dunque uno che va abbandonato al suo destino e alle sue utopie.
Come scrivevo qualche post più sotto la storia di questi ultimi anni ci ha insegnato che è stato definito eversore chi vuole uno stato serio, un governo senza la presenza di politici corrotti, imputati, condannati, un’impresa ripulita da dirigenti disonesti, delinquenti che fanno affari con le mafie e con la politica disonesta.
E’ stata una parola pronunciata spesso anche nei confronti di giornalisti che denunciano i crimini dei quali certa politica e certi uomini delle istituzioni e dell’impresa  si sono macchiati.
E tutto questo è potuto accadere grazie a gente che ha lavorato incessantemente con la collaborazione di altra gente, anche molta di quella che avrebbe dovuto impedirlo, per fare in modo che parole come “legalità, giustizia e verità” in questo paese diventassero inascoltabili e  illeggibili senza provare un moto di rassegnato disgusto.
La dichiarazione di Grasso di cui si è parlato tanto in questi giorni circa il premio per quella lotta antimafia che avrebbero fatto berlusconi e il suo governo dice tutto.

 Ci torno ancora e ancora su questo episodio,  e ci tornerò perché ritengo inaccettabile che il procuratore nazionale antimafia parli di premi da dare ad un amico dei mafiosi, uno che ha fatto affari con la mafia [e non lo dico io ma l’ha stabilito un Tribunale], uno che pagava un killer condannato a tre ergastoli, un assassino per accompagnare i suoi figli a scuola.

Uno che si è fatto fare un partito da un condannato per mafia che ancora si può ammantare del titolo di senatore della repubblica italiana e che oggi qualcuno vedrebbe bene al quirinale, degno rappresentante di un paese come il nostro.

Un po’ di storia sull’ “eroe” mangano.

Questo è quello che casini va a trovare in carcere una volta alla settimana perché “la sua coscienza glielo impone”.