Della Repubblica [e dell’informazione che non c’è]

  Sottotitolo:  nel piddì qualcuno mi legge. Solo ieri avevo scritto che il cosiddetto e ormai defunto a quanto pare centrosinistra si trova impossibilitato a fare quelle leggi che in paesi normali e civili fanno anche governi di destra moderati e liberali tipo regolamentare le coppie di fatto e omosessuali perché c’è sempre qualche Fioroni e qualche Binetti di troppo. Avevo dimenticato, purtroppo, il pezzo da novanta, quella Rosy Bindi che in tutti questi anni per molti ha avuto il ruolo della pasionaria, di quella che per il bene del suo partito e di leggi riformiste utili al rinnovamento e alla crescita di un paese ancorato e incollato ai desiderata della vaticano spa e incapace di smarcarsene –  come si fa nei paesi civili dove le leggi si fanno in parlamento e non in sacrestia né nell’anticamera di sua santità – avrebbe messo da parte il suo sentire personale, la sua fede religiosa. Invece Rosy nei momenti topici ci tiene a ricordare che nelle sue intenzioni non c’è niente di tutto questo,  che un cattolico è come un diamante: per sempre, specie se fa il politico in Italia. Ed ecco perché all’interno di un vero partito di sinistra, liberale e riformista non ci possono stare i cattolici. Almeno non quelli come Fioroni, Binetti e Rosy Bindi.

Meno di un mese fa Bersani era ancora a chiedersi se fosse opportuno chiamare “matrimonio” l’unione fra due persone dello stesso stesso. Come se il problema fosse la definizione, il nome e non il fatto che l’Italia nel terzo millennio è ferma al medioevo, e non certo per colpa del vaticano che fa il suo, lo faceva anche quando c’erano fanfani e andreotti ma questo non ha impedito ai governi di allora di varare leggi importanti come la 194 e quella sul divorzio, ma di quella politica (tutta, praticamente) che ha il terrore di perdere il voto dei cattolici più integralisti – oggi più di cinquant’anni fa. E questo è inconcepibile per un paese moderno, di questi tempi.

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Disastro all’assemblea Democratica Bersani in balia delle correnti del partito


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Volevo aspettare settembre, avevo deciso di concedere una deroga a Repubblica anche se ultimamente la sua deriva verso la fuffa sembra inesorabile, ma se le cose stanno così non aspetto neanche un minuto di più: arrivo in spiaggia (ieri),  e poi come faccio sempre apro i miei quotidiani sulla prima pagina cercando quelle notizie che voglio leggere prima di altre. Guardo Repubblica e allibisco. Mi sono detta, no, Ezio Mauro, quello delle dieci domande e poi ancora altre dieci  a berlusconi non può fare una cosa del genere, nascondere la dichiarazione scellerata di Letta. E invece sì, lo ha fatto, e allora per me diventa una questione di dignità personale, non faccio da spalla a nessun house organ, né tantomeno a quella stampa che si dice libera e liberale ma poi nega le notizie ai suoi lettori.
Ho smesso di comprare l’Unità a luglio dello scorso anno quando Concita De Gregorio fu cacciata, come già accadde per Colombo, Travaglio e Padellaro per ordini di partito [il pd], e da quando esiste Il Fatto non ne ho perso un solo numero [anche se sono arrabbiata coi moderatori che censurano i commenti dei lettori sul sito on line], insieme al Fatto fino a ieri ho comprato anche Repubblica perché a me piace il giornale di carta, è una lettura diversa rispetto a quella che si fa sui siti on line e su Repubblica scrive gente che mi piace aldilà dei suoi direttori – fondatori – editori.
Però, caro Ezio Mauro, non si fa così l’informazione, sulla prima pagina  di Repubblica di ieri, sabato 14 luglio,  non c’è traccia della dichiarazione del vicesegretario del pd Letta, che preferisce i delinquenti [e non lo sono perché lo dico io ma il numero impressionante di processi, imputazioni, condanne e prescrizioni che riguardano gran parte dei componenti del  partito delle libertà provvisorie a partire dal suo padre padrone assoluto] alle persone oneste, sicché oggi stesso avvertirò il mio edicolante di non conservarmi più Repubblica.
Perché io il gioco non  lo reggo a nessuno, non sono serva di nessuno, tantomeno di un partito ridicolo come il pd.
Se Repubblica ritiene che le dichiarazioni di Letta non meritino l’evidenza della prima pagina significa che non ha rispetto per l’intelligenza dei suoi lettori,  che li considera perfetti idioti che non devono sapere che il vicesegretario del partito che vorrebbe diventare la prima forza di governo ha simpatie per l’avversario più feroce che la politica di sinistra e di centrosinistra ha saputo confezionare, costruire in questi ultimi due decenni, e siccome non è più in grado di combatterlo, semmai ci sia stata davvero la volontà di farlo visto che a quanto pare invece lo ha reso sempre più forte e potente, ne prova perfino nostalgia, lo preferisce ad un movimento  che ha tutto il diritto, se preferito dalla gente a dire la sua anche in parlamento così come funziona in una democrazia che si rispetti.

Io però, no, nostalgie canaglie non ne ho.

E a un delinquente continuerò a preferire sempre una persona, o più persone, oneste.

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 Ai servi di b ci eravamo abituati, li guardavamo ormai con compassione chiedendoci come fosse possibile arrivare all’ultimo stadio della prostituzione, quella che spesso sfocia nelle peggiori perversioni. E’ agli altri che non ci si abitua, a chi omette, tace e nasconde le malefatte di chi berlusconi avrebbe dovuto contrastarlo ma non l’ha mai fatto. Ogni riferimento – da parte mia –  al pd, a Letta & soci  e a Repubblica non è puramente casuale ma voluto e intenzionale.

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Salme e salmi
Marco Travaglio, 15 luglio

Si pensava che la ridiscesa in campo del Ricainano e il voluttuoso entusiasmo con cui è stato accolto tra le file della servitù inducesse la servitù medesima ad astenersi dalle litanie sugli antiberlusconiani orfani di B. che non sanno più cosa dire e scrivere, con cui ci ammorbavano dal giorno della caduta di B. Invece insistono imperterriti: ora scrivono che la notizia del riritorno del Rinano avrebbe scatenato caroselli di giubilo a Repubblica, al Fatto, nel clan Santoro e tra i “comici militanti”: “Aiuto, si rivedono gli zombie anti-Cav” (il Giornale), “Quelli che… ricomincia la festa: da Crozza a Travaglio, i comici e i giornalisti militanti non vedevano l’ora del ritorno di Silvio”. Strano, perché gli unici festeggiamenti per la riesumazione della salma si riscontrano proprio sugli house organ della medesima. “Perché torna Berlusconi”. “Si torna a Forza Italia. Comincia la rimonta”. “Berlusconi cerca la donna perfetta per il ticket” (una nuova versione del bungabunga?) titola il Giornale di zio Tibia Sallusti, tutto eccitato per la “buona idea” e arrapatissimo da quel bell’uomo che s’è pure “messo a dieta” facendo footing a villa Ada, ha “sfoltito la corte” e ha addirittura “annullato le vacanze”. “Noi — aggiunge l’impiegato — non l’abbiamo mai visto morto e non abbiamo mai avuto dubbi sul suo ritorno. O ce la fa lui, o addio sogno di un Paese liberale”. Anche Prettypeter, al secolo Belpietro, quando il caro estinto gli annunciò il ritiro dalle scene, capì subito che era tutto “un bluff” e ora la resurrezione lo ringalluzzisce perché “o ci prova lui o non lo fa nessun altro”. Giuliano Ferrara s’era già buttato su Monti (con le conseguenze facilmente immaginabili per Monti). E ora oplà, con agile balzo si rituffa su padron Silvio: “Il pupo ha molta energia. È come un ragazzo”. “Amore, ritorna. Le colline sono in fiore e sarebbe bello che Silvio Berlusconi e Veronica si amassero ancora”. Si attende ad horas il ritorno all’ovile di Schifani, uno dei pochi che aveva creduto al decesso, dunque si era rimesso a vento col classico calcio dell’asino, o del lombrico. Mariastella Gelmini, dal tunnel del Gran Sasso dove ancora insegue i neutrini, scarica Angelino Jolie con cui per sei mesi era tutta puccipucci e annuncia trionfante: “Col Cav riprenderemo Nord e imprese”. Libero comunica esultante: “Operazione pulizia, Berlusconi fa sul serio: la Minetti deve lasciare”. Ma come, non ci avevano spiegato che l’igienista era una superlaureata, un volto nuovo, una statista in erba, una reincarnazione di Luigi Einaudi appena più popputo? Sì, alla fine dobbiamo confessarlo: il riritorno della risalma mette allegria anche a noi, ma non tanto per lui: per lo spettacolo impagabile dei trombettieri che si riposizionano alla spicciolata. Vespa torna a Palazzo Grazioli per raccogliere — informa su La Gazzetta di Parma — dalle labbra di B. “le ragioni del suo ritorno in campo”. Queste: “Se alle elezioni dovessimo scendere per assurdo all’8%, che senso avrebbero avuto 18 anni d’impegno politico?”. All’incontro “partecipa anche Alfano”, con grembiule, crestina e strofinaccio. Un giornalista normale farebbe notare a B. che essere ancora a piede libero e controllare Rai e Mediaset non è malaccio, come bilancio di questi 18 anni. Infatti l’insetto non fa notare. Galli della Loggia non ha mai risparmiato critiche al partito di plastica. Ma non perché fosse berlusconiano, anzi perché non lo era abbastanza: non separava le carriere dei magistrati e non difendeva il “primato della politica”, cioè i politici ladri e mafiosi. Ancora l’altro giorno Polli del Balcone lacrimava per Mancino seviziato dai pm siciliani cattivi. Ora se la prende col “conformismo” del “sistema dell’informazione… eccessivamente indulgente verso il potere politico ed economico” e conclude: “Ci siamo stati dentro tutti nell’Italia degli ultimi anni, se non sbaglio”.

Ecco, sbaglia: ci sono stati dentro in tanti, lui compreso. Noi no. Parli per sé e per loro. Non per noi.

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