Sottotitolo: Falcone? Un comico, un guitto, che può gareggiare coi comici del sabato sera. Uno che sciorina sentenze in tivù ma fa parte del carrozzone televisivo.
[Sandro Viola, Repubblica, 9 gennaio 1992]
Lo stesso quotidiano oggi mette in edicola un commosso tributo in DVD al prezzo di 12,90 Euro.
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Sandro Viola, autore dell’articolo, non è mai stato rimosso dal suo incarico di editorialista di Repubblica. Ad essere rimosso, invece, incredibile coincidenza, è l’articolo. Se cercate sul sito de la Repubblica potete facilmente notare che è recuperabile ogni articolo tranne quello del 9 gennaio. Fortunatamente ci pensa il Popolo della Rete e se su google inserite le parole “Falcone 9 gennaio 1992 la Repubblica” troverete facilmente che molti siti e associazioni contro la mafia, riportano quell’articolo.
(Grazie ad Aldo Vincent)
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Monti: “Verità è unica ragione di
Stato”
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Vent’anni fa la strage di Capaci. Da tempo dicevano di Falcone che fosse un “morto che cammina”. Aveva portato un vento nuovo dopo gli assassini di Terranova, Costa e Chinnici. Istruì il più grande processo alla mafia che si ricordi. Obbligò il mondo a decidere da che parte stare. Poi arrivarono i morti e le stragi (leggi l’articolo di Nando Dalla Chiesa). Oggi come allora, le inchieste sulla mafia sono una questione di metodo. Il metodo di Falcone, l’idea del famoso “pool”, invenzione che attinge direttamente dalla lotta alle Br (leggi l’articolo di Marco Travaglio).
Oggi Palermo ricorda Falcone e il suo sacrificio. E il premier pronuncia parole che, nel pieno delle indagini sulla trattativa tra Stato e mafia, sembrano non essere casuali: “Non c’è ragione di Stato che possa impedire la ricerca della verità”.
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Oggi Google lo avremmo preferito così. Visto che i solerti e solitamente fantasiosi e creativi grafici del motore di ricerca non ci hanno pensato, ce lo siamo fatto da soli.
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Vogliono combattere la mafia, le mafie, e non riescono a mettersi d’accordo su una fottutissima legge anticorruzione; una legge che esiste e viene fatta rispettare in ogni democrazia degna di questo nome. E che fra l’altro l’Europa ci sta chiedendo da oltre dieci anni: è stato più facile ridurre i tre quarti degli italiani sul lastrico in due settimane che fare una legge civile e necessaria, nel paese più corrotto del mondo, evidentemente.
I combattenti antimafia sono quelli che poi quando devono decidere se un mafioso prestato alla politica deve andare in carcere votano compattamente per il no. Quelli che commemorano Falcone, Borsellino e tutti i morti di stato ma salvano Cosentino.
Quelli che parlano di berlusconi e andreotti definendoli statisti. Quelli che festeggiano le prescrizioni come fossero assoluzioni, solo in questo paese è possibile essere mafiosi da un certo periodo a un altro, né un attimo prima né uno dopo.
Sono anni che lo dico: quando fra due secoli o tre qualcuno tornerà per sbaglio a leggere la storia di questa Italia sciagurata non so che penserà, se si chiederà come è stato possibile che certe cose siano esistite davvero, che siano accadute sul serio.
Dalla maggioranza della gente di questo paese so di non potermi aspettare niente.
Gente che si è fatta infatuare dalle chiacchiere di un venditore di pelli di serpente disonesto e cialtrone non la vorrei nemmeno per vicina di casa.
Dalla politica però sì, mi sarei aspettata anche dei gesti simbolici che avessero messo un punto fermo su una prescrizione per mafia, sulle condanne, per mafia, dell’utri è ancora senatore, andreotti è senatore a vita, berlusconi è ancora cavaliere.
Per dire.
O ci mettiamo in testa tutti quanti che la politica deve essere migliore dei cittadini che governa o non ne usciamo.
A me questo fatto che ce li meritiamo, che rispecchiano il paese non va giù, perché anche se ci fossero dieci, cento mille cittadini migliori di certi politici – ma sono molti di più – hanno il diritto di non essere paragonati e accomunati a gentaglia che sta in parlamento non si sa bene per quali meriti.
Ed ecco spiegato tutto il veleno per il movimento dei cinque stelle, perché queste persone stanno entrando in parlamento senza chiedere permesso.
Un ‘permesso’ per fare politica che spesso si traduce in tutto quello che sappiamo, e anche, anzi soprattutto e specialmente in certe zone, nelle collusioni e connivenze con le mafie.
L’esercizio del male non necessita di gente dotata di particolari qualità: durante il nazismo ad esempio bastarono dei semplici burocrati, funzionari, medici di famiglia, come fu per la strage di Ausmerzen, che si resero complici dello sterminio dei disabili nell’indifferenza pressoché totale della gente.
Gli esecutori del male sono e sono stati dunque sempre persone normali, insospettabili, con buona pace della teoria lombrosiana che li voleva brutti, storti e fatti male.
L’olocausto è stato un orrore dell’uomo moderno che è potuto accadere anche grazie all’indifferenza, alla noncuranza, all’individualismo e all’egoismo.
Allo stesso modo la mafia è potuta proliferare soprattutto grazie all’indifferenza, alla noncuranza, all’individualismo e all’egoismo.
Se Falcone, Borsellino, e tutti gli altri morti di mafia fossero stati meno soli, appoggiati, sostenuti, PROTETTI da chi aveva il dovere di farlo forse oggi parleremmo di un 23 maggio che sembra novembre e non avremmo nulla da ricordare e commemorare.
Vogliono combattere la mafia, le mafie, e non riescono a mettersi d’accordo su una fottutissima legge anticorruzione; una legge che esiste e viene fatta rispettare in ogni democrazia degna di questo nome. E che fra l’altro l’Europa ci sta chiedendo da oltre dieci anni: è stato più facile ridurre i tre quarti degli italiani sul lastrico in due settimane che fare una legge civile e necessaria, nel paese più corrotto del mondo, evidentemente..
ecco
Hai fatto bene, anzi benissimo, a citare quell’articolo di “Repubblica”, all’inizio.
Ero ancora studente quando ci fu l’attentato a Falcone, in cui morirono, oltre al magistrato, la moglie e gli agenti di scorta.
Sono passati tanti anni, ma certe cose le ricordo bene. In particolare ricordo che quando Falcone era vivo e si batteva concretamente per sconfiggere la mafia, dalla stampa riceveva parecchie critiche e frecciatine maligne. Ricordo che gliene hanno dette di tutti i colori, senza troppi complimenti: ma non si trattava di “semplici” critiche – la critica argomentata e civile ha sempre un senso – no: erano veri e propri attacchi volti a mettere in dubbio la sua credibilità. Queste cose non dobbiamo dimenticarle, e io non le dimentico: in questo Paese ci sono state troppe “amnesie strategiche”.
Dopo che Falcone è morto, infatti, è scattata la solita “amnesia” di convenienza: tutti gli accusatori e gli sbeffeggiatori del magistrato non solo sono *scomparsi* per incanto, dal mattino alla sera, ma – e questo è ciò che non si sopporta – si sono trasformati in suoi “sostenitori”, e magari si sono spremuti sugli occhi il fazzoletto per farne uscire lacrime di circostanza. Dove sono ora quelli che sbeffeggiavano Falcone? che nome avevano? perché adesso non se ne parla più?
Io vorrei ricordare tutti i loro nomi e cognomi, voglio ricordare tutto ciò che hanno scritto, parola per parola. Perché non c’era solo Totò Cuffaro ad attaccarlo (lui, immortalato dalle telecamere, non può almeno far finta di niente). Troppo comodo buttare “la croce” solo su lui. E gli altri? gli altri dove sono?
In questo Paese dobbiamo smetterla di confondere disinvoltamente le carte; ognuno si dovrebbe assumere la responsabilità di ciò che ha detto e scritto. Non per farsi processare, non è questo il punto (anche perché non tutte le cose poco corrette o persino vergognose sono reati): ma – se si vuole arrivare finalmente a un minimo di trasparenza e correttezza – è necessario sapere chi ha detto cosa, quando e perché, ed è giusto – ad esempio – che chi è stato *da sempre* accanto a Falcone, quando era in vita, per sostenerlo, non sia confuso con chi – dopo averlo magari sbeffeggiato – è accorso *dopo*, per opportunismo, alle commemorazioni della strage di Capaci. E invece di troppe di queste *confusioni* è fatta la nostra storia, di troppi che *a posteriori* si sono intrufolati tra quelli che avevano ragione *da prima*.
Anche per questo, le *celebrazioni ufficiali* in Italia non mi attraggono troppo: mi chiedo sempre: quanti di loro, che adesso scrivono begli articoli pieni di “ufficiale mestizia” o che leggono discorsi “ispirati”, hanno creduto realmente in quello che dicono, *quando era veramente il momento di farlo, quando Falcone era vivo e aveva bisogno di sostegno*?
Credo sia una domanda legittima, e purtroppo – dati tempi, circostanze e… certi vizi diffusi – inevitabile.
Dopo vent’anni qualcuno oggi ci viene a raccontare che “l’unica ragione di stato è la verità”.
Dopo che lo stato, questo stato, le ha occultate tutte e in tutti i modi.
E chi ha provato a ficcare il naso nella verità ha fatto sempre una brutta fine.
Non esiste solo la verità sulla mafia, esistono altre verità, quelle sulle stragi, per esempio, che non sono meno importanti e che avrebbero meritato la stessa rilevanza e attenzione da parte dello stato e di chiunque lo abbia rappresentato.
Perché non c’è molta differenza nel morire in un aereo che esplode in volo o su un’autostrada che salta in aria.
E chi resta ha il diritto alla sua quota di giustizia, e – appunto – di verità.
Dunque, nessuno faccia promesse che sa di non poter mantenere.